Hanno condiviso le mie parole

venerdì 3 febbraio 2012

ESTATE

Era una domenica di fine agosto. Da giorni non aveva pace, le viscere si accartocciavano e la testa non smet teva di pensare. Sentiva l’inferno dentro di sé e invece di tentare di scappare, decise di contattare proprio “lui”, il demonio, quello che l’inferno glielo aveva fatto intravedere poco tempo prima…
Un messaggio per non dire nulla… solo un appiglio… forse un richiamo… un’intima speranza che abboccasse all’amo. E fu proprio quello che avvenne.
L’aereo era in ritardo di venti minuti. Con il naso puntato al cartellone verificò il gate d’arrivo e si avviò lentamente.
Giulia amava gli aeroporti, amava tutti i posti affollati, perché ogni volta cercava di capire a quale vita appartenessero le persone. Si immaginava che dietro uomini distinti, con la ventiquattrore in mano e il cellulare sempre all’orecchio intenti a dare ordini a segretarie e impiegati spauriti, si celassero schiavi docilissimi e ogni volta che qualcuno la urtava per disattenzione, soprattutto se aveva l’aria snob, il primo pensiero era: tu sì che meriteresti una bella frustata, stronzo!
Si sistemò i capelli e attese con le mani sui fianchi, tamburellando con la suola sul pavimento. Aveva portato con sé una valigia. Finalmente la porta si aprì e comparve lui sorridente.
“Ciao schiavo, ce ne hai messo di tempo ad arrivare” e gli schioccò due baci sulle guance, mentre con la punta della scarpa premeva sul suo piede, salendogli quasi addosso.
“Ciao Padrona… io sono solo un povero schiavo.. prenditela col Capitano di bordo” rispose ridendo.
Gli fece solo un segno con il viso di prendere la sua valigia e girò i tacchi avanzando velocemente “e non con le rotelle… devi sollevarla!!”
Camminava spedita gustandosi l’idea di sentirlo arrancare dietro di lei, salì ogni volta su scale mobili, indicandogli con la mano invece le rampe di scale, lanciandogli sorrisini e piccoli saluti con la mano. Ogni tanto lo sentiva imprecare sottovoce e questo la divertiva ancora di più.
“Sei stanco schiavo?”
“No Padrona”
Arrivati in cima alle scale l’attese e non appena arrivò gli disse: “Allora se non sei stanco torna giù.. ho dimenticato di comprare il giornale.. e portati i bagagli… sai… potrebbero rubarli qui… sono una donna sola e indifesa”. Rise.
Lui rimase a guardarla per un attimo senza dire nulla, probabilmente non aveva ben capito.
“Che aspetti, muovi quel culo, idiota! E gli diede un colpetto col piede per aiutarlo a scendere…
Dopo una buona manciata di minuti lo schiavo tornò da lei, rosso in viso, accaldato, nonostante fosse gennaio...
Senza nemmeno guardarlo ricominciò a camminare e lui a seguirla. Si diresse verso i bagni dell’aeroporto ed entrò in quelli riservati alle donne.
“Seguimi”
Una volta nello spazio angusto del gabinetto sollevò la gonna del tailleur, non portava mutandine, si girò porgendogli il fondoschiena. 
“Se metti a terra le valigie te le faccio pulire con la lingua, mi fanno schifo i bagni pubblici. Leccami!!”
Quando fu stufa, tirò giù la gonna ed uscì, senza curarsi di lui.
Arrivò al parcheggio, lui dietro trafelato. Sempre con i bagagli nelle mani gli infilò le chiavi dell’auto in bocca e si appoggiò al cofano, le gambe leggermente accavallate e le braccia conserte.
Lo schiavo posò le valigie a terra e dopo aver aperto lo sportello immediatamente le caricò, poi girando dietro l’auto aprì la portiera alla sua Padrona.
“Inginocchiati schiavo”
Lui lo fece immediatamente.
“Non vorrai farmi entrare con le suole così sporche vero?... ecco… così… abbassa la testa… bravo cucciolo”… e iniziò a pulirsi sui suoi capelli, poi entrò soddisfatta, sedendosi sui sedili posteriori.
Lo schiavo a passi veloci tornò verso il posto di guida e si mise al volante.
Il viaggio fu lungo, circa un’ora per raggiungere l’abitazione della Padrona e lui ad ogni semaforo rosso doveva massaggiarle i piedi, che lei gli allungava stando comodamente seduta.
Giunti a casa lo schiavo aiutò la sua Padrona a spogliarsi, le prese il cappotto e le tolse le scarpe, facendola accomodare nel divano e massaggiandole ancora un po’ i piedi.
Si alzò. “Vieni qui schiavo, stenditi sul divano e solleva le ginocchia… sarai stanco del viaggio…” disse ridendo.
Subito dopo Giulia salì su di lui con la schiena appoggiata alle sue gambe e con i piedi abbandonati sulla faccia del suo schiavo, gli chiese del viaggio, dei suoi pensieri negli ultimi giorni e ogni tanto per rendergli le cose più difficili gli infilava un piede in bocca ordinandogli di continuare a parlare. I suoi mugolii la mettevano di buon umore.
Ormai era quasi ora di pranzo, la Padrona aveva preparato un buon pranzetto per lei e il suo... cucciolo…
“Schiavetto mio visto che sei mio ospite non dovrai affaticarti a preparare la tavola e cucinare.. ci penserò io… però vieni qui ora… in ginocchio muoviti!!”.
Lo fece spogliare nudo e lo lasciò così mentre andò a prendere una cavigliera in cuoio, una catenella e un collare. Mise il collare al suo servo, poi si fece allacciare la cavigliera, passando la catenella doppia tra l’occhiello della stessa e il collare, in questo modo il viso del suo schiavo sarebbe stato all’altezza dei suoi piedi sempre, obbligandolo a camminare a quattro zampe.
“Non ti preoccupare caro.. ci penso io.. tu riposati… porto io in tavola” ricominciò a ridere, trascinandosi lo schiavo ad ogni passo, che vistosamente aveva difficoltà a seguirla. Irritata dai lenti movimenti di lui prese il suo frustino e cominciò a picchiare sulle natiche esortandolo ad essere più veloce.
“Avanti cagnaccio… mi stai facendo perdere tempo” e giù un altro colpo.. e un altro ancora.
Finalmente apparecchiato si mise a tavola, facendosi slegare la caviglia, lo schiavo in silenzio sotto i suoi piedi. Mentre mangiava ogni tanto gli dava qualche calcio qua e là, premeva sulla sua bocca o sul naso e quando ne aveva voglia gli buttava qualcosa da mangiare.
“Queste sono penne alla madrilena… con panna prosciutto e pesto…” le gettava a terra e le calpestava sotto le suole, poi strisciandole a terra cercava di far aderire il cibo e glielo porgeva… “buone vero?... sono o no un’ottima cuoca?”.. rideva.. rideva di gusto… “e questi sono ottimi formaggi francesi… St Albray… delizioso mmmm senti che buono…” diceva mentre lui raschiava con i denti le suole.
“Hai sete schiavo?”
“un po’ Padrona… il cibo che mi ha offerto è delizioso.. ma adesso si..avrei un po’ sete…”
Con un ghigno la Padrona si alzò dirigendosi verso la cucina. Tornò con una ciotolina in ceramica, si alzò la gonna e vi fece un po’ di pipì.. “tieni schiavo… è un Arneis delle mie terre… ottimo vino ahahahahah”…
“Ho proprio voglia di un caffè.. ne vuoi uno anche tu schiavetto mio?
“Si Padrona” 
Tornò con un vassio e due tazzine… “quanto zucchero tesoro?”
“un cucchiaino” rispose lui, sempre da sotto il tavolo.
La Padrona fece per passargli la tazza quando… “ops.. che sbadata che sono… ho rovesciato tutto…” disse portandosi la mano alla bocca con un risolino.
“Meglio corretto, vero schiavo?” non ce la faceva a non ridere.
Senza aspettare risposta di nuovo si piegò sulle gambe e fece un po’ di pipì sul pavimento, poi con i piedi ci saltò dentro, come si salta dentro una pozzanghera e cominciò a sguazzare…
“lecca schiavo… leccami il piede.. puliscilo per benino.. su.. bravo.. bevi tutto!!”
Agganciò il guinzaglio al collare del suo schiavo e lo portò in bagno. A piedi nudi. Seduta su uno sgabello con i piedi dentro il bidet gli ordinò di lavarglieli, dopo aver messo il tappo e fatta colare un po’ di acqua. Una volta asciugati lo obbligò a bere un po’, spingendogli giù la testa con il piede.
“Resta qui in ginocchio schiavo e leccami i piedi mentre sto sul cesso!”
Dopo un’abbondante pipì e una copiosa cacca, la Padrona si fece asciugare dal suo schiavo, mentre invece prese la carta igienica per pulirsi il sedere. Si alzò, prese per il collare lo schiavo e lo mise con la testa nel gabinetto, chiuse la tavolozza alla meglio e prese un grosso asciugamano da doccia, in modo da coprirlo tutto. Con le catene gli imprigionò mani e piedi, perchè non potesse allontanarsi dalla tazza.
“Ecco… abituati all’odore della tua Regina, schiavo… che la prossima volta sarai tu il mio cesso” e lo lasciò lì, ad impregnarsi di quel profumo.
Dopo una mezz’oretta ritornò su in bagno, tolse l’asciugamano, alzò la tavolozza e tirò l’acqua con la sua testa dentro.
“tieni asciugati”.. prese dal cesto della biancheria un suo paio di mutande sporche e gliele lanciò.
“uhmmmm schiavo.. ho bisogno di rilassarmi un po’… vieni torniamo di là sul divano”…
La Padrona fece sdraiare lo schiavo e prese due grossi cuscini che mise accanto alla sua testa. Preparò un bel bicchierino di crema di whisky da tenere sul tavolino, il telefono e un bel libro.. e si andò a sedere con il culo sulla sua faccia.
“Allarga per benino le mie chiappe tesoro… voglio sentire quella lingua che mi arriva fino all’ombelico!!”
Comodamente seduta iniziò davvero a sentirsi meglio… “bravo schiavo.. bravo… mmmm che bello questa si che è vita…Oh!! aspetta aspetta… apri la bocca veloce…”
Un bel peto rumoroso squarciò la stanza. “Chiudi la bocca e ingoia l’aria ora ahahahah”.. . non smetteva di ridere.
Iniziò a leggere il suo libro, qualche pagina… ma non riusciva a concentrarsi con quella lingua che si muoveva dentro di lei. Inarcò maggiormente la schiena e lasciò che affondasse di più. Dei sospiri misti alla lettura cominciavano a farsi più veloci e affannosi. Si sollevò allora e si mise a quattro zampe, facendo scivolare il suo schiavo dietro di lei in ginocchio per terra, che dovette continuare a leccarla a lungo.
Il pomeriggio stava passando veloce, la padrona aveva bisogno di un bagno caldo ritemprante, prima della cena.
“Scegli!!” gli disse euforica… “ce n’è uno rosso e uno grigio… quale vuoi? Uno sarà per te… e l’altro… per quel verme che verrà a trovarci domani”…
Scelto l’imbuto rosso, la domina portò lo schiavo in bagno, lo fece sdraiare sul tappetino e scendendo sulle gambe si avvicinò alla sua testa. 
“Prontoooo schiavo??? Ne verrà giù tanta mio caro… vedi di essere veloce e ingoia per benino.. se cade qualche goccia avrai quel che ti meriti!!” 
uhhhh che bello… è bellissimo svuotarsi la vescica… soprattutto in bocca al proprio cesso… 
Ogni tanto la Padrona dava una manata con forza sull’addome dello schiavo… che sussultando lasciava cadere più di qualche goccia sul pavimento.
Finiti i suoi bisogni, si fece pulire con la lingua e con disprezzo guardò a terra. Gli posò un piede sul torace. “Guarda coglione!!!...GUARDA!!! non sei nemmeno capace a farmi da cesso!! Guarda cosa hai combinato!! E’ pieno di piscio per terra!! Adesso raccoglila tutta e poi vieni a lavarti i denti… Eccolo il tuo spazzolino idiota!!”… prese uno spazzolino nuovo, aprì la confezione e se lo passò energicamente in mezzo al culo, poi ci mise su il dentifricio e glielò lasciò sulla tavolozza del cesso… “lavati là… e poi tira l’acqua!! Ti aspetto giù coglione!!!”
Se ne stava mollemente sdraiata sul divano, le frange della frusta sul pube e l’impugnatura tra collo e spalla. Poteva sentire l’odore del cuoio. Rosso.
Lui arrivò mortificato, chiedendo con gli occhi il suo perdono.
“Qui coglione” gli disse indicandogli una colonna… “tieniti qui forte, con le braccia contro il muro”.
Il primo colpo non fu forte, quasi una carezza, poi un altro, anche questo lieve, poi un altro ancora... e ancora… e ancora… cominciò a sentire il suono secco delle code che si scagliano contro la pelle.
“Idiota… stupido verme…” continuava a ripetere lentamente.. scandendo bene le parole… “ti farò vedere stasera come deve essere il mio cesso!!”… colpì con forza… ogni colpo più forte… la schiena cominciava ad essere striata di rosso… ad ogni colpo non riusciva a trattenere un piccolo urlo…e ricominciava la danza… Gli si avvicinò, sentì il suo fiato sul collo e lei cominciò a sussurrargli “mi piace vedere il tuo corpo che sussulta ancora prima di ricevere… mi piace sapere che stai soffrendo come un cane…” sentiva crescere dentro strane emozioni… sentiva che l’adrenalina saliva… nella pancia.. nella gola… cominciò a leccargli quei segni, ma non voleva lenirli no… voleva sentire la pelle bollente contro la sua lingua. Si muoveva sinuosa, come un felino, con la bocca contro di lui, cercando di bere quasi il suo dolore… a tratti lo mordeva ferocemente.. e sentirlo urlare era inebriante. Stava lì.. immobile.. come una preda che si offre al cacciatore.
Continuò a frustarlo mentre con voce canzonatoria gli si avvicinava e lo derideva… le unghie scalfivano quella pelle già martoriata. Si lamentava. Lo prese per i capelli obbligandolo a piegare la testa all’indietro: “Tu sei mio…. mio… posso fare di te ciò che voglio… non conti un cazzo… non vali niente.. tu non esisti!! NON ESISTI CAPITO??!! Io ti annienterò… sarai solo il mio cesso… sarai solo quello per me!!” e gli sputò in faccia ripetutamente, fino a coprirlo di saliva.
“VIENI QUI CESSO!! Sdraiati a terra a pancia in su.. MUOVITI!!”
Abbassò le gambe e mise il suo culo sopra la sua faccia a qualche centimetro di distanza… attese qualche secondo… “apri la bocca cesso!”
“Queste sono le penne alla madrilena!!.. sono buone schiavo, mangia, MANGIA!!”
“E siccome mi sei simpatico tieni… prendi anche i formaggi!! Oggi razione doppia”.. un altro pezzo cadde sull’occhio.
Si alzò e lui stava lì immobile.. con quella roba che usciva dalla bocca… “Che c’è schiavo?.. non ti piace?? Non riesci a mandarla giù?... Tieni tesoro… ti aiuto io..” si piegò su di lui, a gambe aperte sopra la sua faccia e gli pisciò in bocca e su tutto il viso. “Ecco vedi?... è più morbida così… mangia maiale!!!”
Prese le sue cose e si diresse verso il corridoio… “Finisci tutto, hai dieci minuti per pulire, dopo vieni su che mi devi ancora lavare”.
Giulia si muoveva nuda per la camera… rovistando nell’armadio per trovare la sua camicia da notte quando arrivò il suo schiavo.
“oh… eccoti… puliscimi” si chinò con il fondoschiena all’aria per facilitargli il lavoro!!
“Entra nella vasca ora schiavo, mi dirai quando l’acqua è a temperatura giusta”. Il getto di acqua gelida diede una sferzata al suo corpo bollente, la cosa fu quasi piacevole. Quando la temperatura fu giusta, lei lo fece accomodare sul fondo della vasca, semisdraiato, mentre l’acqua scorreva e saliva. Raggiunta l’altezza giusta entrò anche lei e si andò a sedere sulla sua pancia, per poi lavarsi agiatamente.
Finito il bagno si fece asciugare con cura e vestire per la notte.
“Tieni” gli porse il tappeto del bagno per potersi asciugare… “e liberati…”
“Stanotte dormirai lì, in fondo al letto, con i miei piedi in faccia. Voglio essere svegliata alle 8h30 in punto con una bella colazione a letto e mentre mi baci i piedi”Gli lasciò un lembo della coperta sollevato perché potesse respirare e finalmente entrambi godettero di quel momento di tenerezza. Lui le teneva i piedi appoggiati sulla guancia, abbracciandoli, mentre lei stava sul fianco. Quei suoi movimenti leggeri sul dorso, intervallati dalle carezze di lei sul suo viso, con i piedi, li riportarono in questo mondo. La Padrona sporse la testa, il cuscino sotto le sue mani e rimase a guardarlo per un po’, poi gli sorrise e lui rispose nello stesso modo.
La mattina si era svegliata prima di lui. Durante la notte ogni tanto si era divertita, non appena lo aveva visto addormentarsi, a dargli calcetti e scrolloni con i piedi, in modo che quasi “automaticamente” li riprendesse tra le sue braccia e li baciasse mentre dormiva. 
Doveva essere una bella giornata di sole, perché la luce filtrava prepotente tra le fessure delle persiane. Rimase a letto facendo finta di dormire, dando qualche piccolo colpo al suo schiavo, affinché si svegliasse “naturalmente”.
Lo schiavo infatti scivolò immediatamente giù dal letto, facendo attenzione a non svegliare la sua Padrona, che intanto sorrideva beata continuando a tenere gli occhi chiusi.
Alle 8h30 in punto il vassoio da camera era imbandito e appoggiato sul comodino, mentre lo schiavo iniziava alacremente a leccare i piedi della sua Regina.
Lei si stiracchiò nel letto, ancora con gli occhi chiusi, assaporando i baci del suo sottomesso e facendogli poi segno di dare un bacio anche al “regale deretano”. Si mise seduta con due cuscini dietro la testa e cominciò a gustarsi la sua colazione. Ogni tanto lasciava cadere qualche briciola di pane o biscotti a terra che il servo prontamente leccava. Finito di mangiare si avviò verso il bagno.
“Schiavo preparati. Imbuto rosso”
Come al solito si fece ripulire. Si lavò i denti usando la bocca del suo schiavo come lavandino, sputandoci acqua, dentifricio e residui del piccolo pasto appena consumato. Lo fece mettere a quattro zampe per usarlo come panca, davanti allo specchio, per truccarsi. I batuffoli di cotone furono gettati nella sua bocca e lui prontamente li portò nel bidoncino dell’immondizia. Fu fatto stendere a terra mentre la Padrona, seduta sulla sua pancia con un piede appoggiato alla bocca, cominciò a tagliarsi le unghie, lasciandole ricadere proprio all’interno, con l’ordine di mangiare.
“Stamattina arriverà un tuo collega” disse ridendo.. “vedrai quanto ci divertiremo insieme”.
Si vestì poi scesero in cucina. “Aspettami di là tesoro” gli si rivolse con voce mielosa “ti porto la colazione”
Tornò con una bella tazza.. “ecco… thè e crocchette per cani.. e aggiungiamo un po’ di pipì… l’ho tenuta apposta per te, so che ti piace tanto… tesoro”.
Gliela posò a terra in un angolo del salone poi lo fece accomodare nella gabbia che teneva vicino al camino e lo coprì con un telo.
L’altro schiavo, mayo (in onore del mitico Zac Mayo di Ufficiale e Gentiluomo) arrivò puntuale. Dopo essersi inginocchiato e baciato i piedi della Padrona entrò in casa. La Padrona lo conosceva da diverso tempo, avevano già passato un po’ di tempo insieme. 
In casa fu fatto spogliare e anche lui indossò il suo collare.
“Vieni.. ti presento un tuo simile” si diresse verso la gabbia con lui che la seguiva a quattro zampe al guinzaglio. “mayo devi leccare il pavimento dove cammino, chiaro??” e così dicendo con il piede spinse sulla sua testa, fino a farle toccare il suolo.. “ecco.. fuori la lingua ora”.
Alzò la gamba e posò un piede sulla gabbia, senza togliere il telo.
“Come sta il mio cagnolino?”
“Mai stato meglio Padrona”
“Da quando in qua i cani parlano… “ scalciò contro la gabbia indispettita… “fammi sentire come abbai, cagnaccio!!”
Si udirono dei suoni ridicoli.. la Padrona cominciò a sfotterlo, poi aprì la gabbia e lui usci fuori. I due schiavi si conobbero in quella ridicola posizione. “Beh… come si salutano i cani?... annusandosi il culo no?” e fece segno con la mano di procedere, mentre continuava a ridere divertita. Li legò entrambi al guinzaglio e con loro si avviò verso il divano.
“Schiavo tu qui, questo è il tuo posto sotto il mio culo… e tu mayo invece ai piedi, inginocchiati, non mi hai ancora saluto come si deve!”
Stando così in quella comoda posizione Giulia chiamò la banca, sua madre e la sua migliore amica, con cui passò una buona mezzora a raccontarsi gli ultimi avvenimenti, incluso quello che stava facendo in quel momento.
“E ora facciamo sul serio… crederete mica di essere qui in villeggiatura? Ahahah.. mayo vai in cucina e prendi i 4 pacchi di sale grosso che ho preparato. Sul tavolo troverai delle buste di cartone, porta anche quelle”
Mayo si affrettò e tornò con quanto richiesto. Giulia intanto prepava l’altro schiavo, incatenandolo con polsiere e cavigliere, mani e piedi legati stretti, aderenti alle cosce, in modo che non potesse stare in ginocchio comodamente, ma solo in equilibrio.
Cominciò a versare sul pavimento il sale grosso, come fosse un percorso. Ogni tanto si fermava e prendeva qualcosa dai pacchettini. Pietrine raccolte sulla spiaggia l’estate precedente… nocciole… delle puntine da disegno a tre dentini… e li interponeva tra le due file interrotte di sale.
Prese per il guinzaglio lo schiavo e lo portò sulla linea del “via”.
“Tu mayo stai lì in silenzio e in ginocchio…non mi servi a nulla adesso. Fai da soprammobile” un guizzo balenò nei suoi occhi.. “mayo…”
“Si Padrona?”
“Rappresentami l’Urlo di Munch…e poi la Venere di Botticelli”
Si rivolse poi di nuovo al suo schiavo. “Pronto?” Viaaaaaaa”
Lo schiavo cominciò il suo percorso, il sale premeva sulle ginocchia e faceva male… si lamentava dolorante.. “più lento cucciolo… più lento…” lo obbligava a stare immobile in precario equilibrio. Si divertiva a tirarlo in avanti e indietro con il guinzaglio, rimettendolo “in piedi” ogni volta che barcollava. Arrivò sui sassolini, proseguì. Il sale cominciava a penetrare di più nella carne. Tenendolo mollemente per il laccio di cuoio gli diede una spinta in avanti con il piede. Cadde rovinosamente sulle puntine da disegno. Non contenta gli andò cavalcioni e si sedette sulla sua schiena. “Come stai schiavo? Fa male il pancino tesoro?” aveva sul viso stampato un sorriso perfido, “vieni mayo, siediti qui anche tu”. I lamenti dello schiavo cominciavano a farsi sentire di più, si tolse le mutandine e gliele spinse nella bocca, sigillandola con del nastro adesivo per non udire più nulla. Cominciò a canticchiare qualche filastrocca mentre si dondolava e sobbalzava su di lui e ogni gemito sommesso la faceva ridere.
Dopo qualche minuto si alzò e riposizionò mayo a statua. Tirò dal collare per sollevare lo schiavo e farlo tornare in ginocchio. Le puntine arrotondate non avevano provocato sangue ma si erano semplicemente conficcate nella pelle. Prese lo scudiscio ed una ad una la fece saltare, poi con forza strappò il nastro adesivo dalla sua bocca, cosa che gli fece fare un bell’urlo.
“Silenzio!!” sentenziò la Padrona con un sonoro ceffone sul viso. “Continua”
Lo schiavo riprese il percorso, di nuovo sul sale, ora soffriva veramente. Giulia lo mantenne immobile in quella posizione mentre gli ordinò di cantare l’inno d’Italia… “e tu mayo sarai la seconda voce”… con le braccia orchestrava e rideva. 
Finito di cantare, lo schiavo avanzò nuovamente sulle ginocchia, mayo ora faceva “La Sirenetta”. Stava sempre peggio. Le si avvicinò con voce suadente: “Tesoro… è brava la tua Padrona vero?”, con qualche lamento bofonchiò “… è bravissima..” , “ti fanno male le gambine, cucciolo?”… “No… non ho male da nessuna parte Padrona”… “allora continua più veloce tesoro… su.. su..” e come per spingerlo in avanti gli dava dei colpi sul sedere con lo scudiscio.
Arrivò al “tappetino” di nocciole. Gli slegò mani e piedi. “Mettiti a tavolino che ho bisogno di sedermi” Si mise a quattro zampe con le ginocchia e le nocche delle mani che sotto il suo peso bruciavano. Giulia si sistemò comoda e si fece portare qualcosa da bere da mayo. Lo assaporò con calma, con le gambe accavallate che ogni tanto ciondolavano. Gli riconsegnò il bicchiere e si sdraiò sopra la sua schiena richiamando mayo per un massaggio alle gambe. Tutto il suo peso era su di lui. Dopo una ventina di minuti congedò il servo e si mise seduta. “Hop hop cavallino… dai che arriviamo al traguardo” lo esortò con piccoli colpi di tallone sui fianchi, proprio come si fa per i cavalli.
Lo schiavo arrivò esausto e come premio la Padrona le porse il sedere che dovette leccare. Per farlo riposare un po’ fu fatto stendere sul divano, dove ovviamente la Padrona andò a sedersi, gettandosi all’indietro e sentendo un “uuuuhhhhh” di dolore uscire dalla bocca dello schiavo.
“Silenzio!”, vi posò il suo sedere sopra per non udirlo più.
“Mayo comincia a preparare la tavola che tra poco si mangia”.Mayo la guardò indeciso, non sapeva per quante persone apparecchiare.
Giulia comprese, con un sorriso divertito rispose “Solo per me, tesoro. Fila”
La Padrona continuò a rimanere seduta sul suo schiavo fino a quando mayo non finì, poi si fece infilare le scarpe e andò verso il tavolo.
Prese la sua sedia preferita impagliata, tolse l’imbottitura e si sedette. Mayo avrebbe dovuto servirla e tra una portata e l’altra mettersi sotto i suoi piedi. Ogni qualvolta ne avrebbe avuto bisogno, lo avrebbe chiamato con un campanellino, per poi farlo ritornare al suo posto.
“Tu schiavo vieni qui sotto”. Prese i cuscini e li poggiò a terra. “Metti la testa lì sopra e leccami il culo mentre mangio. Non smettere mai!”.
Il pranzo fu divertente ed eccitante. 
Bevuto anche il caffè Giulia prese due ciotole e ci mise due razioni di cibo, lo stesso che aveva mangiato anche lei, e le portò in un angolo della cucina, vicine, dove mandò i suoi due schiavi a mangiare. Dall’altra parte della stanza un’altra ciotola, stavolta con crocchette, per il suo cane, che ogni tanto andava ad annusare i suoi due nuovi “amici”.
“Quando avrete finito… tu mayo rassetta tutto e tu schiavo vieni di là”. Mentre mayo sparecchiava e poi lavava i piatti, lo schiavo di Giulia fu fatto allungare sul divano e lei ci si sdraiò sopra, al contrario, in modo da lasciargli i piedi in bocca, e cominciò a leggere un giornale. Aveva bisogno di rilassarsi.
Quando finì, entrambi furono legati al guinzaglio e portati su in camera da letto. “ho bisogno di fare un riposino. Schiavo tu qui dietro” disse indicando il suo fondoschiena. “bacialo e accarezzalo per farmi addormentare… e tu mayo in fondo, sdraiati che ti metto i piedi sul collo. Accarezzameli per bene, eh?”.
La pennichella fu interrotta ogni tanto da qualche calcetto o schiacciata di naso, bocca, occhi per mayo... e da qualche movimento improvviso per l’altro schiavo, che dovette più volte “inseguire” il sedere della Padrona, che in cambio qualche volta gli ordinò di aprire la bocca e respirare per benino i suoi “regali sbuffi”…
Svegliata, ormai verso la fine del pomeriggio, fece stendere tutti e due gli schiavi a terra, uno vicino all’altro. “Guarda mayo… questo è per te” e gli indicò il suo imbuto grigio. Si abbassò a qualche centimetro dalla faccia di uno, fece un po’ di pipì, poi andò dall’altro e fece la stessa cosa. “un po’ per te” rise “..e un po’ per te… non si fa torti a nessuno qui ahahah.. ce n’è per tutti”…
Dopodichè si alzò e si diresse in bagno chiamandoli: “Schiaviiiiiii yu-uuuuuuuuh… ho bisogno di voi”.
“Entra in vasca tu”. Stesso procedimento del giorno prima, poi lo fece stendere e andò a sedersi sopra di lui, solo che questa volta fu mayo a lavarla. Giulia si abbandonò contro il suo schiavo, rendendogli un po’ più complicata la respirazione, cosa che però non la preoccupò minimamente.
Dopo essere stata lavata, in piedi mentre l’acqua scorreva nei tubi di scarico, mayo con il doccino toglieva gli ultimi residui di schiuma, mentre l’altro schiavo leccava la sua pelle.
Entrambi l’asciugarono, poi fresca e profumata ritornò in camera.
“Schiavo stenditi sul letto”
Si andò a sedere sopra di lui, a cavalcioni, in modo che il suo culo fosse proprio a portata della sua bocca. “mayo siediti davanti a me”… lui si avvicinò, un po’ incerto e andò a sedersi sopra la pancia dello schiavo. “Tu leccami il culo e tu mayo baciami”.
Cominciarono a baciarsi, le mani scivolarono sui loro corpi, si toccavano… 
Poi lo allontanò all’improvviso. “Mettiti in ginocchio al bordo del letto schiavo e tu mayo mettiglielo in bocca, te lo deve far venire duro!”.. “Che aspetti? Apri la bocca verme!”
Quando fu contenta del lavoro fatto, fece di nuovo stendere lo schiavo sul letto.
“scopami mayo” le ordinò la Padrona. Si spostò sdraiandosi sopra il suo schiavo, al contrario, per lasciargli sempre il suo culo in bocca e in questo modo, il fortunato, ad ogni movimento aveva anche le palle dell’altro schiavo che premevano sugli occhi. Aveva su di lui il peso di entrambi, che cominciavano ad agitarsi sopra di lui. Lei lo sentiva gemere lì sotto e questo le piaceva ancora di più. Conficcava le unghie nei suoi fianchi e premeva con forza, facendole strisciare. 
I lamenti di lui si univano ai gemiti di Giulia, mayo invece non poteva fiatare. Quando fu il momento chiese il permesso di poter venire e lei gli ordinò da farlo nella bocca dello schiavo… dopodichè lo fece ripulire per benino ed entrambi rimasero seduti su di lui ancora per un po’, a parlare del più e del meno, come se niente fosse.
Lo stomaco languiva, era quasi ora di cena. Lei si rivestì. Fece apparecchiare di nuovo la tavola da mayo, mentre preparò una cena leggera, con l’altro schiavo ai suoi piedi in ginocchio che le leccava i piedi nello stesso momento. Lo schiavo fu messo poi sotto al tavolo, in ginocchio, mentre la Padrona leggermente allungata sulla sedia, con le cosce aperte, si lasciava leccare. Mayo invece, con un grembiulino, perizoma e un piccolo cuneo inserito tra le natiche, dovette servire tutta la cena e aspettare ai lati della Padrona ogni comando.
Ogni tanto Giulia faceva scostare lo schiavo dalle sue cosce con dei calci ai fianchi, poi lo chiamava e gli faceva segno di avvicinarsi alla sua bocca e di aprirla. Masticava con cura gli alimenti poi glieli sputava dentro, rimandandolo a fare il lavoro interrotto. A fine cena gli avanzi furono messi in una ciotola, dove ci aggiunse un po’ di cibo e insaporì con la sua pipì ed entrambi furono costretti a mangiare insieme, come due bravi cani che si dividono la pappa.
Era la seconda e ultima sera. Sentiva già l’adrenalina in circolo da tempo, accese tante candele sui davanzali interni delle finestre ed accese qualche abat-jour. L’atmosfera era calda ed accogliente, anche il camino era stato acceso e il legno scoppiettava contro la griglia di protezione.
Indossò il suo completino intimo preferito, reggicalze e le sue scarpe con tacco a spillo che tanto le piacevano. I capelli neri e ricci appoggiavano dolcemente sulle spalle e gli occhi scintillavano.
Chiamò entrambi. “Mettetevi uno davanti all’altro, distendete le braccia e tenetevi per le mani”
Prese il gatto e lo scudiscio e li abbandonò sulla poltrona, poi cominciò a ruotare intorno a loro, sorridente. “cari i miei schiavetti… sono contenta di avervi qui… vedrete che ci divertiremo…” lasciava scivolare una mano sulla schiena di uno e risaliva su quella dell’altro… continuando a guardarli negli occhi e a sorridere. Poi prese la frusta e la annusò a lungo, inalando rumorosamente l’aria, per farsi entrare quell’odore di cuoio nel cervello.
Il suo obiettivo era solo lo schiavo. Mayo serviva a tenerlo fermo. 
Come la sera precedente cominciò a colpirlo leggermente. Ogni tanto si avvicinava e lo graffiava. I colpi cominciarono a essere più veloci e secchi. I segni più evidenti. “Hai male schiavo?”… “non mi fai niente Padrona” diceva sfidandola con gli occhi. Riprese con più forza, quasi con violenza. Colpiva e poi gli si avvicinava. Faceva scorrere un unghia proprio lungo i segni rossi. Colpiva di nuovo. Di più. Gli era addosso dietro di lui, gli alitava sul collo. “ Hai male schiavo?”… “no… non sei capace a frustarmi Padrona… non mi fai nulla” continuava a provocarla. Riprese allora con più forza, il braccio le faceva quasi male. Lui tratteneva i lamenti. Lei lo odiava per questo. “Voglio sentirti urlare” gli sussurrava all’orecchio… “non mi fa niente Padrona” continuava a ripetergli… Ormai la schiena era un tappeto rosso, quasi violaceo. Infilzò di nuovo le unghie nella carne e scese lentamente, penetrando bene nella pelle. Gli morse le spalle, i fianchi, il collo. Sembrava una bestia inferocita. Finalmente lo sentì gemere. Socchiuse gli occhi e sorrise bagnandosi le labbra con la lingua. Chinò leggermente la testa all’indietro e ricominciò a colpirlo.
Poi lo fece girare, le mani dietro la schiena trattenute da mayo, che stavolta ricevette qualche coda di striscio della frusta.
Riprese a colpirlo sul petto. Ormai era passato diverso tempo, forse un’ora.. due…Ogni volta che gli sferzava il ventre lui la guardava fiero negli occhi, ormai un po’ rossi. “Hai male schiavo?”… “no Padrona… non mi fai…” riprese il respiro “… nulla” 
Continuò a frustarlo. Mentre colpiva, a volte con un piede gli schiacciava le palle e l’uccello, poi riprendeva… le si avvicinava e con una ginocchiata in pancia lo faceva piegare su se stesso… “hai male schiavo?”… “no Padrona… non mi fai nulla. Nulla!”. Inferocita Giulia si scagliò contro di lui, lo prese per i capelli dietro la nuca e iniziò a sputargli in faccia. Lo riempì di sputi e si allontanò facendo schioccare un’altra frustata sulla sua pancia. Lo schiavo aveva gli occhi lucidi ora, lei vide una lacrima brillare e scendere lungo la guancia. Sorrise. Respirò profondamente in segno di vittoria, il mento alto. Assaporava quel momento. Poi con fare dispiaciuto gli si parò davanti: “oohhh tesoro… ti ho fatto male davvero.. scusa… scusa…” fingendo rammarico e con tono mieloso… “non sai quando mi dispiace” gli sussurrò in un orecchio e non appena lontana riprese a colpirlo. Finalmente stremata gettò la frusta. Lo fece stendere a terra, prese tre candele alla finestra e versò la cera sul suo torace e sulla pancia, spegnendole velocemente contro la sua pelle, prese del sale da cucina e lo cosparse sul suo ventre, una leggera infarinatura, poi si piegò su di lui e iniziò a pisciargli su tutto il corpo, sperando che bruciasse un po’. Non contenta si mise carponi su di lui lasciando il suo culo a pochi centimetri dalla sua faccia. “Apri la bocca cesso!!!” gli ordinò secca, lui lo fece e lei iniziò a cagargli dentro e su tutta la faccia. “Mangiala schiavo che ti fa bene!!… fa bene alla pelle non lo sai? Ahahah”
Lui era distrutto sotto di lei. In piedi guardava soddisfatta quel bamboccio poi con sdegno chiamò anche mayo. “pisciaci sopra pure tu… oggi hai il permesso di usare il mio cesso. Fagliela in faccia!!”
Mayo era tentennante. “Allora coglione cosa aspetti? Ti ho detto di pisciare!!!”
“Non ci riesco, Padrona”
“Pezzo di idiota che non sei altro, se non lo fai avrai lo stesso trattamento!!! Muoviti!!”
Mayo non riusciva a proferire parola e stava lì immobile.
“Tu non ti muovere” intimò lei all’altro schiavo. Trascinò mayo con forza per i capelli verso il muro, dove lo obbligò a tenersi contro la colonna della sala, mostrandogli la schiena.
“No Padrona no.. la prego”
Ma Giulia aveva già cominciato a frustarlo con forza, una sequenza dopo l’altra.
“Idiota… non mi hai obbedito, ora vedrai cosa ti meriti!!”
Continuò a scaricare su di lui la sua rabbia, fino a quando esausta abbandonò i suoi propositi, lo prese di nuovo per i capelli e lo obbligò a sdraiarsi accanto all’altro. Poi si rivolse allo schiavo, che non si era mosso: “Togliti quella merda dalla faccia e strofinala sul suo muso” indicando Mayo.
Lui lo fece, tirandosi dolorante su, sui gomiti.
Fece alzare lo schiavo e gli ordinò di mettersi in piedi davanti a mayo, che continuava a stare sdraiato.
“Adesso pisciaci tu sopra di lui” fu l’ordine.
Senza nemmeno aspettare che lui finisse se ne andò, chiudendo la porta e intimando di pulire tutto per bene e di fare una doccia entrambi, dopo.
Attese che i due schiavi arrivarono, in bagno fece di nuovo inginocchiare lo schiavo e si lavò i denti come il giorno prima, si fece spogliare e si infilò sotto le coperte.
“Tu mayo stasera starai ai miei piedi, in fondo al letto. Tu schiavo invece qui per terra, sul tappeto accanto a me. E tieni l’imbuto vicino!... Domani mattina sveglia alle 9 in punto, tu mayo mi dovrai svegliare leccandomi i piedi e tu schiavo preparerai la colazione e la porterai qui”.
La giornata densa di avvenimenti fece presto addormentare tutti. Durante la notte, due volte Giulia ebbe bisogno di fare pipì.
Un’altra bella giornata di sole si svegliava sotto i loro occhi. La colazione le fu servita puntuale. Chiese del pane tostato anche per loro. Ci spalmò del burro e della marmellata. E su ognuno ci sputò sopra prima di consegnarlo. Nelle loro tazze insieme al thè fumante ci versò un po’ della sua pipì.
Tolto il vassoio e consegnato a mayo, fece stendere accanto al letto lo schiavo. “Devo far pipì!!” gli disse semplicemente. Lui era già pronto con l’imbuto in bocca e questa volta non fece cadere nemmeno una goccia.
Di buon umore la Padrona fece una doccia, posizionando lo schiavo a quattro zampe per potersi sedere comoda. Mayo l’asciugò e l’aiutò a vestirsi.
Scesero tutti insieme in sala. Lo schiavo sdraiato sul divano con i due cuscini vicino alla testa e il culo della padrona da leccare e mayo in ginocchio davanti a lei, che aveva deciso di farsi un pedicure. Lo fece stare con la bocca aperta mentre col piede appoggiato lungo il viso, partendo dalla fronte, passava la pietra pomice per togliere la pelle morta e dura dai talloni, lasciando scivolare la polverina all’interno della sua bocca. Prese dei batuffoli di cotone che servivano per separare le dita dei piedi e cominciò a darsi lo smalto amaranto. Dopo aver atteso qualche minuto per far sì che asciugasse, sempre con l’altro schiavo che onorava il suo regale culo, tolse il cotone e lo gettò nella bocca di mayo, che in ginocchio andò a gettarlo nella pattumiera.
Rivestita, ordinò alla schiavo di sdraiarsi a terra. Supino. Gli ammanettò i polsi al piede del tavolo e incatenò i piedi, divaricandogli le gambe. Gli posizionò ai capezzoli, lungo tutto i testicoli, l’asta, l’interno cosce delle mollette metalliche oltre che delle normali mollette da bucato. Chiamò mayo e gli ordinò di sedersi sulla sua faccia, rivolto verso di lui, in modo che lo schiavo potesse leccargli l’uccello.
“Spostati ora”, lo scansò con un braccio e si mise a pecora sopra di lui, le mani all’altezza delle sue spalle e le ginocchia all’altezza dell’inguine. Doveva fargli molto male. Ordinò a mayo di scoparla di nuovo, in quella posizione. Da quella posizione Giulia gli faceva colare la bava in bocca, dandogli l’ordine di tenerla sempre aperta, gli sputava su tutto il viso. Chiamò mayo che mise la testa sulla sua spalla. “Si Padrona?”
“Sputagli in bocca a questo verme”
Questa volta mayo non se lo fece ripetere due volte. Continuò a scopare la Padrona, che spesso si abbassava sul torace dello schiavo, facendo muovere le mollette provocandogli ulteriore dolore.
Gli diede l’ordine di venire sulla pancia dello schiavo. Lui eseguì. Mayo fu mandato a lavarsi mentre la Padrona, in piedi ora, raccoglieva col piede lo sperma e lo portava alla bocca dello schiavo che doveva leccarglielo.
Soddisfatta, Giulia lo slegò e mandò anche lui a farsi una doccia.
Quando i due scesero trovarono la Padrona ai fornelli. Stava preparando dei manicaretti e un ottimo tiramisù. Videro che aveva apparecchiato per tre e immediatamente si rilassarono.
Il pranzo fu allegro, insieme rividero alcune scene di quanto successo in quei giorni, a volte ridendo come matti, altre ancora con un po’ di timore. Si scolarono birra e mangiarono contenti. Questa volta fu Giulia a servirli. 
L’ora della partenza era ormai arrivata. Con gli occhi un po’ lucidi si strinsero tra le braccia, con la promessa di rivedersi. Giulia non avrebbe dimenticato quei giorni…
L’ultimo suo ordine fu quello dato a mayo di riaccompagnare all’aeroporto lo schiavo…
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