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giovedì 12 aprile 2012

ELEANOR di Eleanor Lejune

Le prime ore del mattino, Eleanor le trascorre nello studio di Jean-David. Di là, il suo sguardo spazia sul giardino di rose che circonda la villa. Quando la brezza estiva passa tra gli alberi, penetrando dalla porta aperta, un sottile, intenso profumo di rose si spande nella stanza. Si sorprende a pensare che la luce degli specchi e dei damaschi le piace più che la luce del sole e delle acque; la poesia di quelle stanze, destinate ad un’ignota vita, la commuove più che la poesia del bosco coi suoi decrepiti ippocastani e le elci malinconiche. Spesso sdraiata per lunghe ore sopra l’immenso divano dorato, la testa reclinata sul guanciale a ricami, i piedi poggiati sulla seta dei cuscini, si smarrisce di sogno in sogno. La brunita levigatezza dei tessuti ha per lei misteriose voluttà, i delicati cammei, che ingombrano i tavolini, inestimabili ed arcane significazioni; ognuno di essi non può che occupare quel posto, ognuno di essi è necessario, come la lama di sole che, dalla porta socchiusa dell’atrio, dilaga nella prima stanza e spinge riflessi nella seconda, riempiendola di una semiluce d’ipogeo. Le sete e le stoffe lamellate d’oro acquistano una smorta vita e tutti i colori incupiti ricordano l’ora indecisa fra tramonto e notte, nella quale soltanto il bianco e le tinte chiarissime mantengono un rilievo. Nella semioscurità, gli specchi vuoti la riproducono all’infinito, spingendola per una fila senza fine di grandi sale verso il salone fatato, al quale le utopie della sua fantasia cercano inutilmente una porta aperta. Ha le gote accese, l'abito le lascia scoperto il seno e le lunghe gambe ed Ella s'incanta, come un poeta, dinanzi all'aurora del suo corpo. Una sottile seduzione, un profumo di giovane donna esala da quella struttura tenera, ma dai contorni scattanti e le finezze audaci. Sorride nella penombra cogli occhi socchiusi, e quella penombra, che la ingrandisce, le rende un sogno per un altro. Indistinte fantasticherie le vagano per la mente. Il ronzio ostinato delle api che attraversa l’erba lunga, non rasa, sembra rendere il silenzio ancora più opprimente.
La casa, alla vigilia di quella nuova esperienza, pare moltiplicare i suoi silenzi. Eleanor pensa, risalendo il corso della propria vita, ai prossimi giorni limpidi d’affascinanti e terribili incertezze. Quel sì che ha pronunciato con voce vibrante, il cuore grosso d’orgoglio, quasi che tutto il mondo fosse ad applaudire i1 suo eroico coraggio di fanciulla, lo ha mille volte meditato nel silenzio della propria camera, di notte, quando Jean-David, dopo averla penetrata a lungo, dorme e le tenebre si diradano sulla soglia di un mondo lontano; e deve riconoscere che le è sfuggito nell’inconscia scelta di un momento supremo. Sta rischiando il suo matrimonio in un gioco sconosciuto, ma tanto più attraente che la posta non le sembra eccessiva. Soffre, comunque, le prime febbri del dubbio in un tumulto d’affetti e di ragionamenti. Tutte le energie della sua volontà e delle proprie passioni lottano intorno a questo sì, che il buon senso scandisce con la sferza della propria sottile ironia, mentre ella segue in se stessa le vicende di quella battaglia, coll'ansia smemorata dello spettatore, che si perde in una troppo acuta riflessione.
E’ sola. Non la disturba nessun eco, nessuna voce la distoglie dai suoi pensieri. E’ sola con se stessa, col proprio proposito, col sentimento angoscioso della sua grandezza e l'affanno compresso di vere, indeterminate, e forse invincibili, difficoltà. Si accorge che, pure fortificandosi nella sua decisione, non riesce a comprendere quale sarà il suo futuro; il cuore le batte sotto le strette della paura, mentre il pensiero corre innanzi a indeterminate visioni. Si esalta ancora, prende la sua resa e la considera come l’estremo atto d’amore che deve a Jean-David. Trema in tutto il suo essere, insicura del prossimo mutamento. Non solo ha paura di ciò che accadrà, ma ha sospetto anche di non esserne all’altezza. Tuttavia si sente matura: un nucleo nutrito di carne fresca, di sangue pulsante, di possenti turgori. Quando si leva dal divano sembra un fiore che drizzi la piccola anima sopra un duplice stelo e offra i profumi della sua corolla ad ignote labbra, perché sulle sue labbra trovino succhi lungamente desiderati.
Con il caldo, l’attesa si fa di secondo in secondo più intollerabile, in un ozio che la lascia senza forze. Cedendo alla debolezza del corpo, le pare di liberarsene e di slanciarsi verso distanze immense, amiche sconfinate delle sue fantasticherie. Il pensiero corre al marito. Certe sue tendenze verso sogni orgiastici, appena riconoscibili all'inizio, nelle ultime settimane si sono manifestate con insistenza ed Eleanor deve confessarsi d’averle incoraggiate, abbastanza attratta, come molte donne, dall’ambiguità della propria natura. Presa dal fascino delle argomentazioni maschili, dall’orgoglio di mostrarsi evoluta e dall’amore che la lega a Jean-David, capace di assorbire la totalità dei suoi sentimenti e dei suoi sensi, ha accondisceso. Si sorprende a pensare che la sua vita di fanciulla, viziata dalla tenerezza del marito, si è sempre svolta nell’insignificanza delle abitudini domestiche, senza alcun alimento sostanzioso per lo spirito e nessuna prova corroborante per il carattere. Di natura è fedele. La sua armonia con Jean-David è così riuscita che non concepisce neppure di potersi interessare ad un altro uomo. Non che manchino i corteggiatori: la sua bellezza poco comune, la sua giovinezza, resa ancora più impudica dall’età del marito, il corpo spesso messo in evidenza dalle vesti corte o trasparenti, attirano su di lei il desiderio di quasi tutti gli uomini che incontra. E’ fiera di ciò, ma l'idea di arrendersi all'uno o all'altro di questi pretendenti le sembra irreale e illogica.
Con angoscia prende coscienza che ben presto aprirà il suo grembo, le sue terga e la sua bocca ad un pene sconosciuto.  Il pensiero la terrorizza e al contempo l’affascina. Ed è vero che lei dovrà accettare, acconsentire nel vero senso della parola, perché nulla le sarà inflitto a forza, nulla a cui non abbia in precedenza acconsentito. Può e potrà sempre rifiutarsi, niente la tiene in schiavitù, fuorché il suo amore
Come prima esperienza Jean-David ha scelto un suo lontano amico. Eleanor non lo conosce e si chiede come, in realtà, sarà quest'uomo? In tutto il tempo in cui Jean-David ha definito il programma dei loro piaceri, non si è preoccupata di richiamare alla mente un viso o un corpo. Si sforza, ora tardivamente, di ricostruirli, di immaginare quale aspetto avrà lo sconosciuto e se entrando in lei e uscendo ed entrando di nuovo, duro, lungo, godrà del fondo della sua vagina stretta, umida, calda, muscolosa, attiva, ma soprattutto se riuscirà a procurarle un piacere senza eguali. Un lento rossore le colora le guance. Sul velo nero formato dai suoi occhi chiusi, Eleanor non riesce subito a disegnare i tratti e l'espressione che cerca di immaginare. Davanti a lei, all’inizio, danzano soltanto facce conosciute. Eleanor le mette insieme, le scompone, le ricompone, sino ad immaginare l’amante perfetto. Il fascino speciale di quel momento è nel suo completo abbandono. Il suo spirito è aperto a quello dello sconosciuto, da cui spera di trarre nuova linfa per la sua anima ed il proprio corpo. Uno specchio le rimanda la luce morente del sole che proietta delle ombre sul suo viso. Curvandosi come dita, le scende giù per una guancia e per il collo. Quella stessa luce fredda le accende gli occhi neri, facendoli sembrare incredibilmente grandi. Il vento agita i suoi lunghi capelli, trasformandoli in un'ala di corvo sempre in movimento. Un rumore di passi sulla pietra, lo scricchiolio di una porta, è come un segnale atteso. Pensa che ha giusto il tempo di fare una doccia e di prepararsi. La toilette le richiede un certo impegno. Non sa come vestirsi. In modo audace o semplice? Deve farsi trovare nuda? Questo pensiero la diverte e, al tempo stesso, la inorridisce. Decide per un tailleur classico, un reggicalze e l’assenza di reggiseno e mutandine. Quest’ultime non per civetteria, ma solo per un fatto estetico. Desidera che la gonna le aderisca alla carne come una seconda pelle. Verso sera, sul sentiero del giardino sente i passi dei due uomini. Eleanor - e il cuore pare sospendere i suoi battiti per l'eccitazione e l'inquietudine - scende svelta ad accogliere i visitatori.
L'incontro con Alain avviene nel modo più educatamente cortese. Una contentezza, una visibile pienezza appare in quelle spalle forti, in tutto quel viso abbronzato dai capelli vigorosamente piantati, nel timbro profondo di una voce che fa risuonare le volte della sala. Mentre scambiano brevi convenevoli con frasi deliberatamente vuote e singolarmente inespressive, Jean-David ammira Eleanor che in un secondo ha popolato la sala e la villa con la sua radiosa e assorbente bellezza. E’ incantevole. Un profilo puro. Una testa incorniciata da splendidi capelli nero notte, sopracciglia sottili, rialzate ad arco, pupille stranamente violacee, profonde, tra le ciglia lunghissime. La bocca perfetta ha labbra ardenti. Il corpo è snello e pur pieno e morbido sotto l’aderenza dell'abito nero. Le gambe escono dalla sottana corta all'altezza del ginocchio, inguainate di seta nera, lucente. Il seno, la cui nudità s’indovina più che intravedere, tende la camicetta. Jean-David sa che, stranamente, ella apprezza più un’ovazione alle sue cosce slanciate che non gli sguardi che gli amici le lanciano alla vista dei suoi seni emisferici. E all’orgoglio delle gambe unisce quello della sua bocca sensuale e calma, dal rilievo imbronciato. Jean-David ama quella bocca, quelle labbra sempre piene di sangue rosato, e non può fare a meno di pensare che qualsiasi idea di proporzione, di linea, cui è solito collegare i comuni concetti di bellezza, deve essere bandito, non appena cerca di definire il fulgore senza pari del viso di Eleanor, che riesce a trasformare la purezza assoluta ed innocente della pelle ed i tratti mobilissimi da ragazzina, da sbarazzina, in una bellezza importante e lontana, molto aristocratica.
Eleanor da perfetta padrona di casa fa accomodare i due uomini nello studio di Jean-David, su un soffice divano. Nel porgere un bicchiere di cognac, per un attimo china leggermente il capo e il dolce profumo dei suoi capelli sale alle narici di Alain; la superba loro bellezza sfiora quasi le sue labbra. Mentre si allontana, l’uomo ha l’impressione di udire il fruscio del tessuto della stretta gonna contro il vello del sesso.
Eleanor va a sedersi su una poltrona che fronteggia i due uomini. Essi possono così intravedere, nella losanga del reggicalze e delle pieghe dell'inguine il rilievo del pube in un gioco cangiante di colori: nero, ocra e rosa. Eleanor non dubita che i due uomini siano rimasti più scossi dal rigonfio delle sue labbra che dalle sue gambe, per quanto pienamente e sensualmente le mostri. Alain loda la sua bellezza affermando che solo alla musica si può chiedere gli elementi di paragone per il suo volto. Solo certe sonorità dai contorni rari e profondamente ambigui, certi fraseggi incantatori, possono cercare di assimilare una bellezza davanti alla quale, fin dal principio, nessuno può rendere giudizio. Per quanti tentativi fa Eleanor di capire i rapporti, da lei fino a quel giorno totalmente insospettati, che possono esistere tra Jean-David e Alain, questi le rimangono indecifrabili. La conversazione prende un andamento via via più rapido e più profondo. Alain le dona con la sua sorprendente cultura, ma anche il suo esteso sapere, una vivacità che stupisce Eleanor. Alle vedute più penetranti e più originali, s'unisce in lui l'assenza, apparente e comunque difficile a sondarsi, dei più diffusi pregiudizi morali e sociali. E tuttavia, ad ogni attimo viene a restituirgli un pudore evidente la sua fantastica bellezza. Lo spettacolo del suo corpo magro, lungo, tutto muscoli, asciutto, bello, più bello del suo viso, conferma a Eleanor la realtà di una prospettiva cui ella non ha mai pensato e alla quale non osa ancora credere. Si sforza di immaginarlo nudo: senza dubbio più magro, più dolce di forme, più trasparente di pelle, più elastico e soffice al tocco, ma anche più esitante nei gesti, lo sguardo meno sicuro, simile insomma agli altri uomini. Adesso invece tutto è più singolare: la figura come intagliata, la purezza del suo colorito e, più ancora, la grande presenza di spirito e l'interesse per gli ospiti, l'implicita sensibilità, la sicurezza rivelata dal suo viso espressivo, lo rendono simile ad un Dio irraggiungibile. Nessun dei suoi gesti sembra superfluo, sbagliato; tutti hanno una loro precisa funzione, una concisione elegante come il suo linguaggio. Sentendosi osservato l’uomo si volta verso di lei e i loro sguardi s’incrociano ripetutamente. Come per allontanare un pensiero irritante, Eleanor scuote la testa. La massa dei suoi capelli fluttua, disegnando un turbine dalla sonorità dei riflessi ramati, nel quale lo sguardo dell’uomo si perde in una precarietà così sublime da ricordare una corda d’arpa vibrante su una nota dolcissima, sempre pronta a spezzarsi. La fissa solo per alcuni attimi, per voltarsi subito dall'altra parte. Toccata, Eleanor si lascia andare in una torpida, sconfinata lontananza, come se non fosse più nella stanza, come se tutto si dissolva in un'oscurità senza contorni sino a quando i rumori della natura ed il conversare dei due uomini si assottigliano a divenire quasi irreali. Abbandona indietro il capo, socchiudendo le ciglia, rilasciando le braccia e le mani, come chi illanguidisce, con la mente persa in fantasticherie. Cerca di immaginare le sensazioni che la lingua di Alain le procurerà quando le loro bocche si avvicineranno, quando i corpi, meravigliando di compenetrarsi, faranno sgorgare dalle loro profondità i deliziosi succhi del piacere, materializzando la gioia della comunione delle anime. La fantasia accende sotto la sua pelle una morbida energia fremente, che s’ irradia verso la parte alta delle sue cosce per risalire lungo il ventre fino al seno, di cui indurisce soavemente i capezzoli. Le pare di non potersi muovere, come nella prima oppressione del sonno, e nonostante ciò un crescendo inarrestabile di vita la soverchia. Nell’eccitazione di tutti i sensi torna a fissarlo, affascinata. E come per incanto si ritrova innamorata di quegli occhi grigi, di quel sorriso smagliante, di quelle fossette da bambino che rilevano la virilità degli altri tratti più di quanto non la contraddicano. Lo sguardo di Eleanor segue la muscolatura atletica che si indovina sotto la giacca di taglio perfetto, le palpebre che, in certi momenti, soffocano bagliori conturbanti, la bocca che dissimula appetiti misteriosi e senza dubbio insaziabili, la linea del collo, sino giù ove la sporgenza del sesso tende leggermente i pantaloni di flanella. Disperatamente desidera che anche lui, a sua volta, la osservi, ma, forse, la sua femminilità è troppo innocente e pura per esigere il suo sguardo. Si dice che non può sedere nella dolce intimità di quel salotto, con le gambe esposte, esercitando il suo fascino e pretendere di non concedersi. Arrossisce, ed avverte che il suo rossore ha un effetto immediato su i due uomini.
E’ un rossore fuggevole che accompagna un pensiero felice ed è bello ritrovarlo negli sguardi incantati di Alain e di Jean-David. È uno sfavillante lampeggiare dello spirito, perché la sua verginità impudica appare nella luce più pura. Ella avverte che sentono la forza di tensione della sua anima, i progressi fatti, e sanno che Ella cadrà nelle loro braccia come colta da impulso naturale. Sono affascinati. Gli occhi della donna, quando si crede inosservata, hanno espressioni scintillanti, divorati da un misterioso fuoco interiore, a stento soffocato, e sulla sua bocca, di mirabile disegno, dai toni opachi, si sparge il fascino delle grazie orientali. E’ umana e divina ad un tempo. Umana per il tepore delle sue linee nervose, per il profilo dei suoi seni, puro e regolare, che si sollevano e si abbassano nel ritmo calmo del suo respiro, per le sue fini proporzioni, per i capelli neri come l’ebano, luminosi nel buio della stanza. Divina per la magia seduttrice che si intuisce contenuta nelle sue fibre sottili, e per le sue pupille, porte celesti di un paradiso lungamente sognato. La gonna, leggermente rialzata, mostra le gambe stupende, inguainate nelle calze fluenti e sottili da sembrare viva pelle. Poterle soltanto toccare, intiepidite dalla contiguità con quella carne cui aderiscono senza la minima increspatura. Ah, se lei vi acconsentisse. Se lo tollerasse. Se lo volesse. Il turgore dei loro sessi è ora evidente. Incantata Eleanor resta, in mezzo a quei discorsi rischiosi e liberi, alta, inaccessibile, pura. E per quanta passione impieghi a svelare, senza imbarazzo, se stessa agli occhi dei due uomini, il suo segreto io si mostra sempre più impenetrabile. Sente che i due uomini sono vigili su di lei, allo scopo di effettuare un reciproco riconoscimento di quell’acuto piacere che la sua presenza provoca.  Percepisce i loro sguardi tenaci verso i meandri del proprio sesso. Deve cominciare a concedersi, ma non sa come fare. Getta uno sguardo a Jean-David in cerca d’aiuto, ma lui si limita a sorridere. Non può decifrare le sue intenzioni. Allora, audacemente, fa in modo che la gonna le arrivi quasi all’inguine. Le gambe così scoperte sembrano più lunghe, scolpite d’ombre e di rilievi, dai giochi di luce che i raggi di luna creano nella stanza. Gli sguardi degli uomini si cercano e si trovano. Riconoscono infine, con un rapimento che non osano confessarsi, con un’occhiata ambigua, il desiderio che li pervade. Le più complicate sottigliezze del gioco sono tentate con suprema noncuranza e indovinate senza sforzo al primo segnale. La segreta alleanza è ora perfetta.
Intanto la luna, lentamente declinando, inonda direttamente la sala con i suoi raggi quasi orizzontali, incoronando i capelli neri di Eleanor di un'aureola argentata, e per lo spazio di un secondo le dà l'onnipotente rilievo che il controluceconferisce ai personaggi di una scena animata non meno che a quelli delle incisioni dell’artista.

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