Hanno condiviso le mie parole

martedì 31 gennaio 2012

PERCHE'


"Si" sto dicendo con voce sicura per nascondere il timore di non essere all'altezza, dentro me c'è il desiderio irrefrenabile di dargli tutta me stessa di essere Sua. Poco dopo averlo conosciuto, un mese prima, ebbi la certezza che mi sarebbe entrato nel cuore non sono mai stata molto aperta nei rapporti, ma con Lui ebbi subito l'impressione di potergli confidare i miei sentimenti. Aveva gli occhi dolcissimi sembravano sempre tristi totalmente in contrasto con il suo sorriso che splendeva spesso nei discorsi tra amici, non so quante volte lo guardai quella sera, forse mille, se ne accorse. A me non dispiacque affatto, pensai, nella mia mente banale, che se lo avevo interessato avrebbe cercato di rivedermi, al momento dei saluti come di consueto ci baciammo tutti, avvicinandomi a Lui per ultimo capii la realtà della situazione e mi sentii veramente stupida: in maniera molto signorile evitò il saluto facendo finta di non aver notato il mio desiderio, fece un cenno con la mano un "ciao ci sentiamo" con la Sua voce marcata e quasi roca e saltò sulla Sua macchina lasciandomi a metà strada tra il gruppo di amici e la Sua fuga, ebbi l'impressione di un Suo sguardo come di disprezzo nei miei confronti. Poco male dissi dentro di me "è uno qualunque". Dopo quel "Si" così "sicuro" sento la sua voce graffiarmi la schiena ed ogni Suo passo come fatto sopra il mio cuore. Sono in ginocchio e confusa. Come diavolo ci sono arrivata? Pensai che non lo avrei più rivisto e che comunque era diabolico perseverare nelle gaffes, già alcuni amici avevano ridacchiato nel vedermi rimasta come una bambina stupida ad aspettare un bacio di saluto. Quella notte dormii serena, senza immaginare nè sognare nulla. Che suoneria stupida, il chichirichi di un gallo per gli sms, trovato tra quelle predefinite, non so neanche perchè l'ho scelta; un amico: "Stasse cena da me con gli altri, vieni?". Nella mia testa una marea di scuse da inventare per non essere scortese, avrei voluto stare a casa, in pigiama, guardare magari un bel film e non pensare a nulla, dopo aver scartabellato tra le possibili bugie mi apparve come un flash il Suo sguardo di quella sera poco prima di scomparire sulla Sua macchina. Pensai in fretta con la stessa fretta con cui batteva il mio cuore in quel momento: "Che cazzo penso?" "No, non devo Quello pensa solo che sono una stupida" "Mi faccio qualche altra figura di merda, sicuro" "L'ho visto una volta sola e sono qui a farmi dei film in testa".
Tra i mie vari pensieri c'era quello di dimostrarGli che non era così. 
"Vengo volentieri a che ora?" volai sul T9 del mio telefonino per non lasciarmi raggiungere da altri dubbi.
"A tutti gli uomini piacciono i tacchi alti e le minigonne", non ero solita vestire in maniera provocante ma quella sera volevo esserlo solo per LUi, "non sono una conquistatrice ma per una sera posso esserlo", non mi ero mai sentita così sicura. Arrivai una decina di minuti in ritardo rispetto all'orario concordato, dopo le scuse di rito e i consueti "noncèproblema", salutai tutti con baci più che altro intenti alla ricerca con lo sguardo del mio unico obbiettivo. Mi sentii terribilmente stupida nuovamente: "Non viene stasera", le parole del Suo amico e i nuovi risolini degli amici vicino mi fecero sentire stupida quanto la mia passata sicurezza ostentata in quegli abiti che avevo scelto per Lui. "Cazzo io sono venuta per vederLo e lui niente non c'ha neanche pensato, che stupida!" pensai.
La serata passò tra i miei mille pensieri del perchè l'avevo fatto e tra l'indifferenza degli altri inconsapevoli della mia delusione. "Come cazzo ci sono finita qua? Ora mi alzo Gli parlo Gli chiedo scusa Gli dico che non fa per me e torno a casa in pigiama!" 
"Allora mi rispondi?" schiocca la Sua voce come una frustata sulle mie spalle. 
"Si" la mia voce si è fatta più traballante e riflette molto meglio la mia fragile sicurezza.
In bagno mi ero rinchiusa un pò per i miei effettivi bisogni fisici, ma soprattutto per fuggire  da tutta quella gente che poteva leggere in faccia i miei pensieri; quei risolini che avevo subito appartenevano a chi mi aveva capito. Il cellulare abbandonato sulla console vicino alla porta del bagno era un vecchio modello, poche funzioni e subito la rubrica a portata di mano, non sono mai stata così veloce nel pensare eppure fui rapidissima, cercai le ultime chiamate, fortuna o sfortuna non so, non so neanche di fosse quel telefonino, trovai subito il numero e lo copiai sul mio. Che pensavo di farci non so neanche, non è che potessi scriverGli "Ciao sono io ho rubato il tuo numero ad un tuo amico, ti va di vederci?", con tutti questi pensieri mi sembrava di essere un'adolescente in preda ai sintomi dei primi innamoramenti. Tornata a casa non dormii per nulla serena quella notte, in preda alla consapevolezza della mia infantilità.Nuda in ginocchio con un uomo conosciuto da un mese che mi cammina alle spalle e mi parla senza neanche tentare di far l'amore con me, sono caduta veramente in basso. Sento la Sua voce farsi dolce accarezzarmi i capelli e le spalle rassicurarmi, mi da calore  voglio essere Sua questo mi importa e basta. Cazzo cambio idea ogni istante, non ho certezze, non ho nulla, solo LUi, forse. Non potevo scrivergli un messaggio, che figura ci facevo, che scusa potevo trovare per essere in possesso del Suo numero, vero è che ne avevo già fatta una di figura con Lui, la seconda avrei perso ogni possibilità futura, forse meglio aspettare, magari lo rivedo. Passata una settimana e altre due uscite con gli stessi amici ma senza di Lui, rinunciai "tanto  non ho possibilità, è chiaro" mi dissi; però un messaggio potrei scriverglielo ci provo faccio questa figura e chissà che non lo apprezzi. Di nuovo il canto del gallo è l'arrivo di qualche guastatore delle mie peripezie mentali, un flash, appare il Suo nome come mittente, forse ho fatto uno squillo per sbaglio!!! E se mi hanno beccata nel rubare il numero, eccola l'altra figura di merda, non è possibile, ti prego no. Non lo apro lo cancello e faccio finta di non aver ricevuto niente, nego tutto, è così che si fa!!! Lo aprii, galeotta fu quell'apertura e i messaggi seguenti. Rimango lì forse 10 minuti forse un'ora forse un giorno intero, sola inginocchiata al buio della stanza com'è buia ogni mia idea, com'è offuscata ogni mia reale decisione, vorrei scappare ora, alzarmi, rivestirmi e scappare via. Inattuabile, troppo lontani i miei vestiti! chi mi slega le braccia incrociate alle mie terga? E poi arrivata qui, ora che sono Sua, scappo? Incominciano a farmi un pò male le ginocchia. 
"Mi adori vero?" fu il Suo primo messaggio firmato "Scusa ma come fai ad avere il mio numero io non te l'ho dato" feci la sostenuta sbagliando.
"L'ho rubato dal cellulare di un nostro amico comune, se ti dispiace lo cancello e non ti scrivo più"
"No puoi tenerlo non mi dispiace" 
"Mi adori vero?" 
"Adorare è una parola grossa, mi piaci"
"Una risposta singola e monosiballica o si o no, non esiste via di mezzo per me, pensaci e non
farti fregare dall'orgoglio"
"No non ti adoro però mi piaci"
"Bugia! Maledirai il tuo orgoglio! Scusami per il disturbo! Non ti scriverò più! Odio chi non sa
essere sincera con se stessa e con me! Addio!"
Gli scrissi ancora tre messaggi in cui cercavo una via di mezzo che non c'era proponendogli di vederci e che avevo voglia di passare un pò di tempo con Lui, non ne ebbi risposta. Le notti successive non dormii per nulla serena. Il buio dura quanto le mie paranoie, quanto la mia voglia di abbracciarlo, quanto il mio desiderio di dirgli "sono tua". Slegami e ti abbraccio ti faccio sentire il calore che ho dentro per te, ti dimostro la mia adorazione, non sei qui e io sono legata, nessuna possibilità. Non c'è luce, non c'è rumore, il tempo si è dilatato........ti aspetto.
"Si ti adoro con tutto il cuore" gli scrissi dopo una settimana nell'attesa di una Sua risposta, convinta di piacergli e di poter pretendere qualcosa da Lui. 
"Perchè non l'hai detto quando te l'ho chiesto? Per orgoglio? Per la voglia di essere conquistata?"
"Si pensavo di piacerti e avevo voglia di essere conquistata da te sai come siamo noi donne!
Ho sbagliato?"
"Solo non sei stata sincera, non mi fido, non mi piaci e semmai sei tu che devi conquistarmi"
"Mi spiace giuro che sarò sincera d'ora in poi"
"Se mi adori veramente con tutto il cuore cosa saresti disposta a fare per conquistarmi? Puoi pensarci quanto vuoi, scegli tu, ma non accetto altre bugie o risposte orgogliose."
Ci pensai parecchio tempo, non capivo cosa si aspettava che dicessi, un semplice "fareituttoperte"
poteva fare colpo ma mi sembrava estremamente banale.
"Scegli tu!!!! Sono Tua" gli scrissi non sapendo neanche minimamente quanto lo sarei stata dopo 
questo messaggio.
"Sicura? Sappi che non c'è possibilità di mediare dopo".
Non capii esattamente cosa intendeva ma risposi "Si".
Dopo una settimana di attesa e almeno 10 miei messaggi risultati senza risposta ero furiosa, dopo il gesto che avevo fatto nei Suoi confronti Lui neanche mi rispondeva.
"Ora sei mia schiava" fu il Suo messaggio seguito da un appuntamento a casa Sua completo di indirizzo, anche se sapevo dove abitava ci ero passata qualche giorno prima per vedere la casa. La mia rabbia avrebbe voluto riempirlo di insulti e dirGli che non ci si comporta così, ma la paura di non avere più risposta e le Sue parole sull'orgoglio mi resero più docile. Qualcosa sembra essersi impossessato di me, ormai non distinguo più la separazione tra il buio e le corde tese sui miei polsi e le mie caviglie, riesco a sentire ogni muscolo del mio corpo, ne sento la tensione... Mai avevo pensato alla possibilità di essere legata o chissà cos'altro mi aspetta; nella mia testa girovagavano mille idee e paure, tra tutte non capivo perchè, ma la paura di provare dolore fisico era la meno presente... Quando arrivi? Quanto devo aspettare? Sono qui per te e totalmente tua. 
"Si" fu la mia unica risposta, fanculo al mio orgoglio di donna, voglio vederLo, non torno indietro.
La sera dell'appuntamento avevo la testa stracolma di mille dubbi e mille domande e a tutte mi davo una risposta nella mente con la SUa voce roca seguito da un ripetitivo "forsestoimpazzendo". MI resi conto in quel momento che mi aveva preso mente, anima e orgoglio molto più di quanto avesse fatto Suo il mio cuore. Arrivai sotto casa Sua in forte anticipo, almeno mezz'ora, ma restai in macchina conscia del fatto che non avrebbe accettato di farmi salire prima, mi sembrò anche di notare un ombra alla finestra, mi aveva visto e mi lasciava lì forse, l'attesa ormai è un abitudine fui felice che mi vedesse aspettarlo. MI risvegliò dai miei pensieri un messaggio arrivato cinque minuti prima del fatal orario.
"Quinto piano sali a piedi, al terzo spogliati completamente sali, e aspetta alla mia porta senza
suonare"
Avevo passato due ore a pensare ai vestiti da mettermi e LUi neanche me li vede addosso fu il primo pensiero, il secondo fu che ero stupida a pensare a quello e non ad andarmene via immediatamente, camminai verso il portone che mi fu lasciato aperto da un uomo molto gentile e galante nei modi, che mi sorrise, mi divertii a pensare cosa avrebbe detto vendendomi nuda magari davanti alla porta di casa Sua, avrebbe chiamato la moglie o forse più facilmente la polizia. Per i primi due piani fu facile ma arrivata alle soglie del terzo la paura di essere vista si impossesso di me. Mi stupii del fatto che nonostante tutte queste, perlomeno inusuali, richieste neanche per un momento pensai di scappare e abbandonare tutto, mi fermai a rifiatare poco prima del ballatoio del terzo piano, più che per la stanchezza del corpo credo fu per raccogliere a due mani le poche forze mentali che mi sembravano essere rimaste dopo tutte le spiegazioni che mi ero data fin a quel maledetto terzo piano; salì quell'ultimo gradino pensando che mi sarebbe esploso il cuore. Perchè? Era la domanda che mi tormentava da quando lessi la parola "schiava" nel Suo messaggio; perchè essere qui totalmente alla Sua mercè ad aspettare che Lui decida cosa preferisce avere da me: il mio corpo, le mie lacrime o nulla? Solo per Lui è la mia risposta ad ogni domanda, solo perchè lo adoro!! Stavo perdendo ogni forza mentale e fisica, ormai sento schiantare dal male la schiena e le ginocchia. Buio e silenzio mi sembravano un tuttuno invalicabile anche dalle mie eventuali urla... Rimasi qualche secondo ferma sul pianerottolo, ma mi sembrarono interminabili, incominciai a togliermi i vestiti, con le orecchie fisse ad eventuali rumori dalle porte limitrofe, rimasi completamente nuda in mezzo alle cinque porte del terzo piano con i vestiti e i miei sandali in mano, presi quindi a salire a passo molto svelto, mi piangeva il cuore, avevo perso l'effetto che potevano fare quei sandali addosso e avevo perso 12 cm d'altezza. Arrivai davanti alla porta chiusa; piani sopra e sotto ormai non potevo andar via speravo solo aprisse il prima possibile; non so quanto aspettai credo 10 minuti sentii aprirsi una porta sotto e qualcuno che correva giù verso l'atrio, ringraziai il cielo che fosse ai piani sottostanti, ma non finì l'angoscia e il rumore dell'ascensore che partì da due piani sopra mi gelò le vene, non avevo sentito porte aprirsi, indietreggiai dove i gradini scendevano verso il piano di sotto tentando di nascondermi dai vetri dell'ascensore, non c'era tempo nè di coprirsi nè di scappare... Pericolo scampato, l'ascensore era vuoto, qualcuno doveva averlo chiamato da basso mentre cercavo una soluzione nel caso il condomino abitasse oltre il quinto piano senti la Sua voce roca: "Cosa fai lì avevo detto davanti alla porta, dovrei lasciarti ancora un pò fuori perchè non mihai ubbidito" disse con un sorriso di scherno che mi fece sentire più stupida del solito. Grazie al cielo mi fece entrare, dovetti posare tutti i vestiti su una sedia appena entrati, mi chiese se desideravo qualcosa da mangiare o bere ma avevo lo stomaco attorcigliato e chiesi solo un pò d'acqua, l'acqua era gelata ma mi diede un pò di sollievo. Mi stupii per l'ennesima volta perchè restare nuda davanti a Lui non mi creava nessun tipo di imbarazzo nonostante avessi sempre avuto un pò vergogna anche di fronte ai miei fidanzati; un pò di disagio salì nel momento in cui capii che nella stanza in cui mi portò c'era solo una poltrona subito occupata da Lui e io dovetti rimanere in piedi. Mi squadrava senza dire una parola io cercai una posizione che desse l'impressione di sicurezza, se riuscì non lo so, sicuramente Lui capì che l'atteggiamento esteriore nascondeva il reale tremito di ogni mia minima particella corporea. Incomincio a sentire qualche rumore, non so se è un bene o un male, ma sento il bisogno di qualche accadimento che mi faccia smettere di pensare, non so che ore sono non vedo nulla, sento solo il movimento dei miei neuroni. Lo sento vicino, si apre la porta... Il SUo sguardo sembrava leggesse i miei pensieri e la mia finta sicurezza si stava sgretolando con il passare dei secondi, si avvicino al mio orecchio e la Sua voce mi graffiò con un "Sei mia?" 
"Si" risposi con un filo di voce, prese le corde che doveva aver preparato precedentemente ed ogni mia flebile speranza di aver finito con quel gioco implose nel timore di quel che stava accadendo. Prese a legarmi i polsi, non ebbi neanche il coraggio di protestare nella paura che Lui svanisse per un mio sbaglio, mi accarezzò i capelli e mi pose le mani sulle spalle spingendomi verso il basso facendomi inginocchiare, tese la corda avanzata e vi legò le caviglie lasciandomi in ginocchio e leggermente inclinata all'indietro, come mi avete trovata. La mia sensazione era corretta è entrato senza neanche accendere la luce, lo sento avvicinarsi sento il mio respiro farsi affannoso e la paura assalirmi, solo ora capisco che può veramente fare ciò che vuole di me, sento una fitta ed un bruciore terribile al capezzolo destro, riconosco la sensazione di un morso, ne ho la conferma dopo lo stesso trattamento al capezzolo sinistro. 
"Sei tu, ti senti?" la Sua voce allontana il silenzio di quel momento "E' questa la risposta."
Proprio in questo momento capisco la realtà, la risposta a quei dubbi che mi avevano tormentato,
"Io sono questa, sono qui per me!"
Qualcuno potrebbe pensare che a quel punto mi slegò per fare l'amore; quella notte, la prima assieme, fu infinita non riuscirei neanche a dire quanto dolore e quanto piacere provai, posso solo dire che da quella notte sono una donna diversa, sono finalmente me stessa, sono la Sua schiava.
Marchese, 2006

PIOVE


Piove.
Resto immobile ad osservare le gocce che battono sull’asfalto rovente ed il fumo che pigramente si leva dal selciato. Tu sei di là. Ti sento, anche se non fai rumore. So che ci sei, percepisco la tua presenza accanto a me, vera, reale, solida. Quello che ci unisce e insieme ci divide, ora è tra noi: la frusta, la benda, le manette, sono sparse sul letto. Sei di là, eppure sei qui accanto a me. Strani pensieri affollano la mia mente, risalgono il mio inconscio come i fumi che dall’asfalto si avviano lentamente verso il cielo. Così mi sorprendo a pensare chi sia realmente tra noi a gestire il gioco e fino a che punto, dominazione e sottomissione possano coincidere: può un essere naturalmente inferiore, inetto, al mondo col solo scopo di servire il suo padrone, divenire, attraverso una totale sottomissione, così indispensabile da esercitare una sorta di dominazione? Come amo quei segni sul corpo, la frusta che vibra nell’aria, che colpisce la carne e fugge via, per poi tornare con forza a colpire: fedele esecutrice di una volontà superiore: la mia.
Tu sei di là. Ti sento anche se non fai rumore. Vincitrice e vinta in un gioco che ci lega di momento in momento sempre più strettamente. Lo strano è che la stessa corda leghi me e te insieme e che i nodi, che stringono i tuoi polsi, sono gli stessi che mi vincolano così strettamente da impedirmi di rinunciare a te. Non mi era mai accaduto. La tua dedizione mi ha stregato: e così ogni volta che le mie corde stringono i tuoi polsi, mi sento sempre di più legato a te; ogni volta che i tuoi occhi non vedono la luce per la benda che li copre, ho l’esatta percezione che tu riesca a vedere il mio cuore; ogni volta che la mia frusta percorre la tua carne striandola e disegnando meravigliosi ideogrammi, il mio cuore disegna su di se gli stessi segni gli stessi simboli. Non c’è una risposta, ma c’è il progressivo evolversi di un rapporto che è diverso dagli altri: diverso perché mi lega anche se sono io a legare, perché mi mette a nudo quando ti ordino di spogliarti, perchè mi rende cieco di passione quando ti bendo, perché… Perché mi fa male quando non sei con me. Perché mi sorprendo ad implorare dentro di me la tua presenza, il tuo ritorno. È un desiderio che mi rende schiavo: schiavo di te, che hai saputo rendermi tale con la tua obbedienza la tua capacità di annientarti per esaudirmi e realizzare le mie fantasie.
Piove.
Resto immobile ad ascoltare il rumore lontano delle gocce che battono sull’asfalto rovente, immagino il fumo che pigramente si leva dal selciato. Tu sei di là. Ti sento, anche se non fai rumore. So che ci sei, percepisco la tua presenza accanto a me, vera, reale, solida. Quello che ci unisce e insieme ci divide, ora è tra noi: la frusta, la benda, le manette, sono sparse sul letto. Sei di là, eppure sei qui accanto a me.
Strani pensieri affollano la mia mente, risalgono il mio inconscio come i fumi che dall’asfalto si avviano lentamente verso il cielo. Così mi sorprendo a pensare chi sia realmente tra noi a gestire il gioco e fino a che punto dominazione e sottomissione possano coincidere: può un essere come me, naturalmente inferiore, inetto, al mondo col solo scopo di servire il suo padrone, divenire, attraverso una totale sottomissione, così indispensabile da esercitare una sorta di dominazione? Come amo quei segni sul corpo, la frusta che vibra nell’aria, che colpisce la carne e fugge via, per poi tornare con forza a colpire: fedele esecutrice di una volontà superiore: la tua.
Tu sei di là. Ti sento anche se non fai rumore. Vincitore e vinto in un gioco che ci lega di momento in momento sempre più strettamente. Lo strano è che la stessa corda leghi me e te insieme e che i nodi che stringono i miei polsi sono gli stessi con cui io cerco di legarti a me. Non mi era mai accaduto. La tua capacità di domarmi, di educarmi, mi ha stregato: e così ogni volta che le tue corde stringono i miei polsi, io cerco di tenerti sempre più legato a me; ogni volta che i miei occhi non vedono la luce per la benda che li copre, ho l’esatta percezione di riuscire a vedere il tuo cuore; ogni volta che la tua frusta percorre la mia carne striandola e disegnando meravigliosi ideogrammi, io sento che gli stessi segni si imprimono sul tuo cuore. Non c’è una risposta, ma c’è il progressivo evolversi di un rapporto che è diverso dagli altri: diverso perché sento che ti lega quando mi leghi, perché ti lascia nudo quando mi ordini di spogliarmi, perché, lo sento, ti rende cieco di passione quando mi bendi, perché… Perché questo è il mio gioco: dominarti e tenerti accanto a me con la mia obbedienza, con la mia sopportazione; con il mio desiderio di annullarmi per te. È un desiderio che ti rende schiavo: schiavo della tua schiava, che per te non ha limiti e vive solo per esaudirti e realizzare le tue fantasie.
dominator59it@yahoo.com

RESPIRI


... e mi basta chiudere gli occhi un solo attimo, e ti sento dentro me, sprofondato tra le mie gambe...
E' ormai così, la mente vola via quando ripenso a noi due a letto. Ma dopo i nostri giochi, quando sei tra le mie cosce e sento la tua lingua arrivarmi ovunque, i nervi scattano involontariamente per le scosse di piacere che sai darmi, mi sento sciogliere sulla tua bocca, sul tuo viso. Premo la tua testa per sentirti di più, mi apro per darti i miei umori e farti sentire quanto il mio piccolo clito diventa durissimo e esageratamente sensibile... perdo il controllo e l'orgasmo mi scuote, fremo come percorsa dalla corrente, mi agito e vengo, gli occhi aperti e ciechi.
Poi ti sollevi e ti metti davanti a me, appoggi il tuo cazzo duro e lentamente entri. sento ogni centimetro, lo sento come l'avessi tra le labbra, lo sento dentro me. Inizi a muoverti piano, con colpi profondi e decisi, mi ricordi la marea... annodo le mie gambe intorno ai tuoi fianchi, e le mie unghie graffiano la tua schiena, sento i muscoli muoversi sotto la tua pelle mentre mi stai già portando lontana, con quel dondolio senza ritmo che hai tu; le tue braccia forti si aggrappano a me, mi stringi fin quasi a togliere il fiato, e le tue mani sul mio viso scivolano sul collo, e dolcemente lo stringono togliendomi il fiato e facendomi mancare il respiro quei pochi secondi che infine mi danno un piacere senza eguali. E intanto ti muovi, senza tempo, senza cadenza, lentissimo e veloce, ed io muovo i miei fianchi sull'onda tua, fino a sentire la base del tuo uccello e lo sfregamento del tuo bacino contro di me.  Sento l'orgasmo partire da lontano, come un piccolo sole che s'ingigantisce sempre più a mano a mano che le ondate di piacere si fanno strada nel mio corpo; ti vorrei forte ora, voglio che mi scopi come fossimo due animali, voglio trasformarmi da Padrona a puttana, voglio che mi parli, voglio che godi insieme a me ma so che non sarà... e finalmente esplode il mio orgasmo, devastante, l'anima si stacca dal corpo e sento la mia voce urlare, mi sento in miliardi di frammenti, e non ho più controllo di me stessa, parlo e non so cosa dico, ti graffio, ti stringo tra le gambe, e i muscoli del mio utero si attorcigliano intorno al tuo cazzo; sento le tue dita sprofondarmi nei muscoli, domani scoprirò di avere i lividi dove hai stretto la mia carne e ne andrò fiera, il tuo marchio. Sono senza fiato, sconvolta, guardo i tuoi occhi e il loro azzurro è meraviglioso e intenso, un blu che non hai mai se non in questo momento, qualcosa che non potrò mai dimenticare.

48 ORE DI FOLLIA


Ricordo bene come la serata sia scivolata via in modo piacevole, ma ricordo anche come quella sera occhi neri come la pece, da un anfratto del locale continuavano a fissarmi quasi volessero spogliarmi delle mie vesti.Ero attratta da quello sguardo, da quel volto misterioso che mandava chiari segnali… con le labbra, con gli occhi…   Uno sbuffo della pentola a pressione interrompe un flashback, mentre distesa sul divano lo sguardo si perde sulla parete di fronte a me dove c’è un’ombra colore ambra, grande quanto un pugno. Mi alzo ed ancora trafelata dai ricordi mi servo a tavola la minestra, mi siedo ed il piatto fumante fa riaffiorare in me quel ricordo ancora così forte e vivo. 
“Ricordo che era una calda serata primaverile; stavo trascorrendo una fantastica cena con amici in un locale INN di Porto San Rocco, una zona marittima residenziale delle mie parti, dove l’abito elegante da sera è d’obbligo. Era un ambiente molto curato tutto in velluto e in legno teck. Sembrava quasi di stare su un veliero di gran lusso al punto da riuscire a percepire le fragranze del mare e del legno, degli oceani e delle foreste d’altri mondi e d’altri tempi. Per quella serata mondana avevo scelto un abito di seta blu notte con ricamato sulla spalla destra un dragone cinese; era un abito sobrio ma molto particolare ed estremamente elegante, aveva uno spacco vertiginoso che scopriva tutta la coscia, lasciava intravedere la guepiere color blue. Le scarpe di raso in tinta con l’abito, ed un tacco in acciaio di dieci centimetri che metteva in risalto tutta la gamba e la snella caviglia. 
Ricordo bene come la serata sia scivolata via in modo piacevole, ma ricordo anche come quella sera occhi neri come la pece, da un anfratto del locale continuavano a fissarmi quasi volessero spogliarmi delle mie vesti.Ero attratta da quello sguardo, da quel volto misterioso che mandava chiari segnali… con le labbra, con gli occhi… .Pur stando in silenzio, lui col linguaggio del corpo mi parlava e lo faceva in modo molto chiaro ed esplicito e ciò m’imbarazzava molto. Tutt’oggi a distanza di anni mi piace che gli uomini mi guardino quasi mi vogliano avere lì, la cosa mi ha sempre divertito, mi ha sempre eccitata, ma ricordo che quella sera, l’uomo misterioso mi stava mettendo in grande difficoltà ed imbarazzo e la cosa mi ha stranito e questo mio stato aumentava ogni minuto sempre più. Mi sentivo scoperta, tutta la mia forza, la mia energia vulcanica davanti a lui si annientò pian piano!Stavo desiderando qualcosa che non conoscevo affatto e che lì, per lì non comprendevo: desideravo essere sua senza discutere, senza obiezioni.Per tutta la serata il mio sguardo continuava ad incrociare il suo, sembrava che non mi avesse mai distolto da addosso quegli occhi, sembrava che stesse controllando cosa facevo, cosa dicevo, come mi muovevo, come mangiavo o come bevevo, mi osservava mentre ridevo e mentre parlavo, non c’è stato un solo istante che lui abbia guardato altrove.Tra le portate della cena c’è stato un intermezzo con un’uscita nei giardini accompagnati da un piacevole e rinfrescante sorbetto al limone. Camminando con gli amici, notai una fontana e mi avviai verso di essa allontanandomi dal gruppo, forse anche incuriosita dalle sinuose forme delle statue e dalle luci blue che da sempre mi affascinano.Ero talmente assorta dallo spettacolare gioco d’acqua e luci che non mi accorsi nel frattempo che l’uomo misterioso era alle mie spalle. Mi fece appoggiare delicatamente sulla statua di fronte a me senza farmi voltare verso di lui, da dietro le spalle prese il mio viso fra le sue mani e mi sussurra subito dopo all’orecchio… “Tu sei mia; stanotte vieni da me - e mi pose un biglietto da visita nella mano - vieni così come sei, non discutere! Il tono perentorio, la forza delle sue mani, mi lasciarono là, inerme, ferma, immobile mentre lui se ne andava.Ricordo bene la scossa di eccitazione dentro me, che in modo devastante mi attraversò tutta, rimasi turbata di quel gesto e di quelle parole, non capivo nulla in quel momento, mi sentivo rapita da lui e non comprendevo.Quando rientrai in sala lui non c’era più, ed io stringevo in mano quel biglietto da visita quasi fosse stata la cosa a me più cara.Lo guardai, lessi l’indirizzo, tralasciando il nome quasi la cosa non mi interessasse. Finita la cena, montai in macchina e diedi disposizione all’autista di portarmi all’indirizzo del biglietto da visita.“Roberto mi porti in Piazzale della Borsa e mi lasci là… lei vada a casa. Roberto l’autista annuì, ma mi guardò dallo specchietto retrovisore diverse volte con stupore (erano anni che mi faceva da autista e sapeva bene che nella mia vita oltre al lavoro non esisteva null’altro, ad eccezione esclusa delle serate mondane a cui dovevo andare per porre fine agli svariati pettegolezzi su mio conto, non essendo fidanzata e né sposata, pur non mancandomi bellezza estetica, femminilità, sensualità, istruzione e denaro); arrivai nel Piazza, Roberto mi fece scendere dalla macchina e aggiunse: “Signora è certa che non vuole che l’aspetti qui? “La risposta fu un secco NO! Ed aggiunsi “La chiamerò quando avrò bisogno. Vada pure a casa, grazie!”L’autista annuì nuovamente ed aggiunse  “Come la mia Signora desidera”.In quel istante quella frase dentro di me stonava “Come la mia Signora desidera!!!” e tutto il potere che la vita mi ha donato non esisteva più. La mia mente era in balia di un uomo che non volevo sapere neppure chi fosse, volevo essere semplicemente sua.Arrivai al numero 4 di Piazzale della Borsa, alzai lo sguardo al palazzo stile coloniale passai nel pantheon e andai a cercare sulla tastiera in ottone il nome di colui che non conoscevo: c’erano 4 pulsanti e 4 targhette con 3 nomi diversi ed uno vuoto.A questo punto, costretta a leggere chi fosse l’uomo misterioso presi il biglietto da visita dalla borsetta: l’architetto G.B – p.le della Borsa 4 – sec. Piano.Un architetto!!!!Non gli ho mai sopportati molto gli architetti, sono persone impossibili: guai a mettere in discussione i loro stili, le loro idee, i loro gusti; eppure, per ironia della sorte, ero lì.Avvicinai l’indice al campanello e tremolante pigiai il pulsante.Passarono due minuti prima che si aprì il portone.Presi l’ascensore, sul biglietto da visita c’era scritto secondo piano. Dentro me speravo non si trattasse del suo studio, non vorrei mai fosse un architetto interessato a me per il nuovo progetto di ristrutturazione dell’azienda.La porta era socchiusa, un silenzio assoluto regnava in quella casa: nessuna voce, nessun rumore, niente di niente.Bussai. Nessuno rispose.Entrai e chiusi la porta dietro di me.Era una abitazione. Non sembra essere una studio professionale, mi addentrai e notai una luce tenue di candela quasi ad indicarmi la strada.Arrivai alla porta aperta e restai folgorata dalla bellezza di quel salone e da quello sguardo nero che appena entrai mi rapì di nuovo la mente.“Entra e siedi lì” – Mi indico la sedia, poi seguì una lunga pausa silenziosa , quindi aggiunse- “Non dire nulla, resta in silenzio!”Non fiatai, ma pensai che non mi chiese il nome, né l’età, nulla. Forse mi conosceva di vista, o qualcuno al ristorante gli avrà detto chi fossi… non capivo il suo non domandarmi nulla.Mi misi seduta sulla sedia che lui aveva approntato e li rimasi per molto tempo, senza muovermi e senza dire nulla.Stava là in piedi appoggiato su di un mobile, di fronte a me. Ad un tratto venne verso di me ed iniziò a girarmi attorno mentre con la mano, delicatamente, mi accarezzava le spalle, il collo, la nuca, poi lungo il profilo del mio volto con il dito indice, ad un tratto si fermò dietro di me e disse: “Sei bella!”Restai in silenzio, sorrisi.Dentro me avevo un desiderio incontenibile di baciarlo, di prendergli le mani, di abbracciargliele.Immaginavo in quel momento una seduzione romantica, una trascinarmi in un vortice passionale ed invece lui era là in piedi a girarmi attorno. Si allontanò e poi si riavvicinò, si spostò di nuovo e mi sfiorò con quelle dita lunghe e delicate, poi ad un tratto mi spostò un lembo dell’abito per scoprire la gamba.Si avvicinò all’orecchio e mi sussurrò con un tono di voce deciso… “Da adesso e per 48 ore, avrai ciò che non hai mai avuto in vita tua. Ti tratterò come non ti ha mai trattata nessuno”.Non capivo, ero frastornata, ma annuì alla cieca perché volevo stare lì. L’ansia e la paura che avevo scomparvero, il tremolio che sentivo ad un tratto si fermo! Ero serena!All’improvviso disse: “ Alzati!!!”Mi alzati e lo guardai perché non capivo cosa volesse.“Zitta e non mi guardare.”Mai nessuno mi aveva trattato, dentro me continuavo a domandarmi chi fosse costui e come si permetteva a trattarmi così, ma ciò nonostante abbassai lo sguardo e rimasi in piedi come mi aveva chiesto.“Vai verso quel muro ed appoggiati con la schiena. Veloce!!!”Lo feci senza battere ciglio. Andai verso il muro da lui indicato e mi appoggiai con la schiena.Restai lì ferma nel mentre lui si avviò alla scrivania. Aprì un cassetto e prese una forbice.“Da quanto tempo non tagli quei capelli dorati?”Mugolai a bassa voce che non gli tagliavo da un mese… “Mai avuti corti?”“No, mai avuti”.“Bene ora li avrai corti” “Va bene” risposi. Ma dentro me mi chiedevo se fossi impazzita, se stavo perdendo la ragione o che.Prese i miei biondi capelli e me li legò con una corda, appoggiò la forbice ed aggiunse.“Quanto hai pagato questo splendido abito?”“L’abito no, l’abito no!!! ti prego!”“Rispondi e non dirmi cosa devo fare!”Mi limitai a rispondergli 700 €.Mi guardò, aspettò qualche secondo ed aggiunse:“700 €, cosa ?”Non capivo cosa voleva… iniziavo ad avere paura, tremavo, ma allo stesso tempo questo gioco violento puramente verbale mi affascinava.“Scusami, non capisco cosa intendi!!”“Ora capirai…”Prese le forbici e tagliò l’abito. Poi aggiunse… “dovevi rispondere 700 € Mio Signore!”“Bastardo” gli dissi ed il sangue mi si gelò…Lo desideravo come un’ossessionata, mi sentivo sua, totalmente sua; dentro me pensai che era un gran bastardo ma nonostante ciò era giusto che mi avesse tagliato l’abito in due tenendomi per la corda e tirandomi i capelli quasi a staccarli L’abito di seta si apri al passare della forbice lasciando trasparire il mio longilineo e magro corpo, faceva intravedere l’intimo in pizzo blue e la guepiere che sorreggeva delle calze di seta dello stesso colore, lui con un gesto delicato sposto l’abito per vedere meglio i seni, me li sfiorò e nel mentre la veste mi scivolò dalle spalle, senza sfilarsi del tutto dal mio corpo.Cercai di baciarlo ma un “NO” secco e determinato mi fermo…“Girati!” Mi girai, e mentre la corda ai miei capelli si allentava le mie mani dietro alla schiena si congiungeva quasi  dovessi pregare, poi nuovamente i capelli tirati, ma anche le mani legate…Il collo s’inarcava all’indietro mentre i miei seni venivano schiacciato sulla parete bianca dalla sua mano sulla mia schiena“Cosa desideri, donna.”“Essere tua”- gli risposi… ad un tratto senti la lama della forbice tagliare di nuovo qualcosa… capii che non avevo detto Mio Signore.E mi corressi:“Essere tua Mio Signore!!”“Così va bene!!”Tutto ad un tratto mi trovai proiettata in un modo che non mi apparteneva ma che in quel preciso momento desideravo come non mai.“Divarica le gambe, donna”Tentennai, forse intimorita, forse gelata dalla situazione in cui mi stavo trovando.“Allarga le gambe subito!…. dannazione aprile o te ne vai”la voce si inasprì e le gambe si divaricarono di colpo.Ad un tratto un lembo del mio abito divenne una sorta di benda per gli occhi, così da quel momento in poi non vidi più nulla e dovetti affidarmi solo agli odori e ai rumori che percepivo.Lo sentì allontanarsi da me e sentì lo scricchiolio di una sedia, si era seduto a guardarmi. Ad un tratto percepii il rumore di un liquido versato dentro ad un bicchiere e da quel momento in poi, solo silenzio.Il tempo non passava mai, i minuti mi sembravano ore e quando furono ore, così ferma, immobile mi parvero giornate intere. Avevo sete, ero stanca, sempre a gambe divaricate, con le scarpe che mi stavano torturando i piedi. Lì appoggiata al muro sui seni con il collo inarcato, le mani congiunte  e legate dietro la schiena.Stavo per chiedergli dove fosse, se poteva darmi da bere, se potevo muovermi, quando ad un tratto con una spugna umida mi bagnò le spalle, poi senti le sue mani su di me.Dalla stanchezza non mi ero resa conto che si era alzato.Non sapevo più che ora fosse. Non sapevo cosa fare o cosa dire,.Facevo fatica a restare in piedi a gambe ancora divaricate, continuavo ad avere quella sorta di benda sugli occhi che lasciava trasparire un po’ di luce..Le sue mani continuavano a sfiorarmi delicatamente lungo il corpoNucaColloSpallaSchiena interno coscema mai mi tocco nelle mie parti intime, ed era ciò che forse desideravo più ardentemente in quel istante: fare sesso!!!Mi girò con la forza, mi sposto di peso e mi fece appoggiare con la schiena contro una sorta di colonna di legno, mi lego ad essa, e man mano che stingeva le corde sentivo i nodi su di me che penetravano nella mia carne: nei seni, nell’addome, nei fianchi, passò la corda fra le mie gambe ed il nodo penetrò là dove lui non mi aveva ancora toccata poi tirò con forza la corda verso l’alto e dietro di me, provai un dolore bestiale ma anche un immenso piacere di godimento, un’eccitazione che non avevo mai provato prima.Ora sapevo cosa mi stava succedendo, sapevo cosa mi stava accadendo! Avevo letto degli articoli su delle riviste: Bondage. La cosa mi aveva sempre incuriosito, mi domandavo spesso, cosa si provava, cosa pensava  e cosa portava una persona a farsi legare così. Capii dentro me che l’accettare tutto ciò significava offrirmi a lui completamente.Dentro me capivo che essere legata così, voleva anche significare che di lui avevo fiducia cieca.Capii anche perché mi lasciò la ferma, immobile per così tanto tempo: voleva vedere fino dove arrivavo, non tanto fisicamente, quanto mentalmente!Il mio architetto era un cultore del Bondage e chissà di cosa ancora. 
Erano le 13.30. oramai sono passate quasi 8 ore da quando sono arrivata. Di solito dopo 4 ore, il fedele compagno occasionale di avventura di solito lo mettevo alla porta, o al massimo me ne andavo via poco dopo a quella sana scopata, spesso pagata a suon di euri. Era un modo come un altro per mantenere colui che fino a stanotte, sessualmente parlando mi faceva impazzire.Ora il mero sesso se n’è andato a farsi fottere, e mi ritrovo qui innanzi all’uomo del mistero a desiderare cose che per me fino a ieri erano per persone fuori di testa.
Guardai l’architetto negli occhi e mentre stavo per chiederli, cosa mi sarebbe accaduto, mi mise una mano sulla bocca e disse:“Sei con me da molte ore, non ti sei lamentata, non hai chiesto nulla, hai fatto ciò che ti ho chiesto. Hai un carattere forte. Sai soffrire in silenzio! Sei un ottima slave! Per non aver mai provato nulla di ciò. Ma è solo l’inizio, donna. È solo l’inizio.”“Lo so mio Signore, e non desidero altro!”. A questa mia frase mi slego da quella colonna, prese le mie mani le legò e gettò la corda sopra ad un trave in legno passante nel salone davanti al caminetto spento, poi mi legò le caviglie e mi lasciò là legata facendomi piegare in avanti col busto e le braccia protese verso l’alto.Sì allontanò di nuovo, ed andò in una stanza vicina.Tornò si avvicinò ed inizio a strusciarsi su di me, da dietro ad un tratto sentii un qualcosa di freddo, liscio e duro. Con questo oggetto mi sfiorò ovunque, ma ad un tratto di fronte a me la sua mano si aprì e lasciò cadere da essa delle frange con in testa dei piccoli nodi, mentre con l’altra mano impugnava quel oggetto misterioso: era una sorta frusta.Torno dietro di me ed io ancora ferma ricurva con le braccia protese, non sapevo cosa mi sarebbe aspettato in quel momento, ma speravo mi facesse sentire l’infrangersi di quelle frange di cuoio sulla mia pelle.Posò le frange sulla mia schiena e da li non le spostò, di nuovo desideravo qualcosa e di nuovo me la negò. “Mio Signore ti prego, colpiscimi!!!” lo supplicai. Più volte“ti prego Mio Signore fammi male, colpiscimi, fammi provare dolore”Ma le frange restarono là.“Zitta donna, non mi dire cosa fare!”“stai zitta, non mi supplicare”ad un tratto un dolore lancinante, uno schioccare deciso sulla mia pelle, un urlo ed una lacrima…sono stati solo il preludio di quanto stava per accadermi, ma ciò nonostante desideravo ancora che mi colpisse e non so con cosa lo abbia fatto, ma volevo che lo facesse ancora.“ancora, sì, sì ancora mio Signore”e di nuovo il silenzio torno nella stanza. Lui fermo immobile dietro di me.Cercai di guardare, cosa stesse facendo, notai una cinghia pendolare dalla sua mano, quando la vidi mi eccitai a tal punto da bagnarmi, da godere al sol pensiero che quella cinghia fosse per me.Sapevo bene che dentro me era in corso una sorta di trasformazione: io la padrona assoluta della mia vita e di coloro che mi attorniavano, ero in balia di un perfetto sconosciuto o quasi e non desideravo altro se non di essere lì e sua.Non avevo mai desiderato tanto appartenere fisicamente ad una persona come a Lui e in quel modo. Ad un tratto senti urlare: “ apri quegli occhi , e guarda davanti a te”!!! Eseguii l’ordine, aprii gli occhi.Aprii gli occhi e guardai davanti a me: ero in camera mia, distesa nel mio letto, eccitata e sudata; sul mio viso le lacrime!Non capivo più nulla mi sentivo stordita, frastornata!Mi voltai di fianco per vedere se fosse lì, ma ero sola! Forse avevo solo fatto un’incredibile sogno. Mi alzai, andai in bagno e nel riflesso dello specchio vidi la sagoma del mio corpo segnata ovunque … mi guardai e non capivo. Il mio stordimento aumentava, la mia ansia pure! Rimasi a guardarmi e continuai a non capire!   
Orchidea Nera

lunedì 30 gennaio 2012

ERI LI'


Stavi distesa ai piedi del letto, rannicchiata come un cagnolino, i tuoi corti capelli rossi scompigliati. Ed io, svegliandomi quella mattina, ti guardavo, stupito quasi, della tua presenza li. Tutto era accaduto il giorno precedente, mentre attraversavo l'incrocio di fronte al mio ufficio. Seduta al tavolino del bar, c'eri tu in compagnia di una donna di molti anni più grande di te. Tua madre? Troppo grande per te. O forse eri tu che dimostravi molto meno dei tuoi anni. Eravate totalmente prese in una discussione a senso unico, nel senso che era Lei sola che discuteva. Tu con il capo chino subivi totalmente le sue parole. Non avevi la benché minima voglia, ne la possibilità, di ribattere o esprimere le tue idee in merito. Non mi interessava affatto l'argomento e i motivi della vostra conversazione, ma ero attratto morbosamente dall'espressione afflitta e, contemporaneamente, estasiata che avevi. Stavi, realmente, godendo per la violenta sgridata che stavi subendo. Lei era tutta presa dalle proprie parole ed invettive contro di te, che non si accorgeva di quanto ti stava provocando piacere con il suo atteggiamento da "strega cattiva". L'esatto contrario di quelle che erano le sue intenzioni. Avevo l'assoluta certezza che, qualsiasi cosa fosse successa a causa tua, si sarebbe ripetuta, l'avresti fatto nuovamente, solo per l'estasi della successiva punizione. Perché saresti stata punita di nuovo, anche solo con un nuovo veemente rimprovero. E in me esplodeva la consapevolezza di aver trovato La Mia Anima Gemella. L'altra metà del cerchio dei miei desideri. La tessera che avrebbe, unica ed irripetibile, completato il mio puzzle di due pezzi. Era li, attraversata la strada, seduta con le gambe serrate, i pugni stretti, le spalle incassate, lo sguardo basso, ma con un'aura estatica di puro godimento intorno, era li davanti a me la Schiava Perfetta. Dovevo averti, strapparti a quella arpia. Ero io che dovevo punirti, in maniera sublime, inflessibile e totale. Io e nessun altro. D'impeto percorsi i pochi passi che mi separavano da te, in tempo per fermare la mano della donna che, esasperata dal tuo mutismo stava per colpirti con un violento ceffone. Ho letto la disperata delusione nei tuoi occhi per quel dolore di cui ti privavo. Se avessi potuto mi avresti arso vivo con quello sguardo. Ma solo per un istante, poi hai riabbassato rapidamente lo sguardo, verso la punta dei tuo ginocchi che, solo ora potevo vedere, portavano i segni di lunghi, torturanti, percorsi. 
"No, questo non lo tollero- dissi quasi urlando, dritto sul viso della tua torturatrice -Qualsiasi cosa abbia fatto, non le permetterò di colpire questa ragazzina". Ricordo la risata satanica che usci da quelle aride labbra.
"Non si impicci lei. E sappia che questa che lei chiama ragazzina nei suoi ventitré anni di vita ha combinato sempre danni, ma adesso ha superato ogni limite e merita ben di peggio che ceffoni e percosse. Sempre possano servire a qualcosa, con lei. Demonio". Un tuffo al cuore. Ventitré anni, molti meno di quelli del mio perduto figlio, e più di quanto avevo supposto vedendoti da lontano.
"Con che autorità - continuai - si permette di colpirla?" E non ebbi tempo di dire altro. Come un lampo ti eri già alzata e, spinta a terra la sedia, stavi scappando. Ti stavo perdendo. Non potevo perderti. Ti sono corso dietro senza voltarmi. Non volevo tu avessi il tempo di mettere troppa strada tra noi. I miei anni mi impedivano un lungo inseguimento e . . , ma non ho avuto la necessità di correre molto. Sei inciampata contro la siepe del bar e sei caduta rovinosamente a terra, dopo poche decine di passi. Ero su di te, ti ho afferrato per le ascelle e ti ho tirato su. Pesavi pochissimo, eri uno scricciolo. Solo mentre mi sono voltato, cercando di farti da scudo contro le ire dell'arpia, mi sono accorto che nessuno ci aveva seguiti, tantomeno Lei. Era scomparsa. E solo pochi turisti seduti ai tavolini ci stavano degnando di un disinteressato sguardo. Ero frastornato, mentre tu non facevi niente per divincolarti e scappare. Ti sei limitata ad irrigidirti, in piedi, lo sguardo basso, in una goffa imitazione dell'attenti. 
"Mi scusi" Hai soffiato via tra le labbra. 
"Non doveva prendersela per me, meritavo di essere punita. Dovevo esserlo."
C'era un accenno di rimprovero in quest'ultima frase, quasi ti avessi privata dell'atteso dolore, meritato e desiderato. Tra le frasi di circostanza e gesti di rassicurante paterno affetto, mi stavo guardando attorno alla ricerca di quella donna. Sparita. Come sparita era l'attenzione che avevano avuto per noi i presenti. Nel rumore del traffico, in quell'angolo di una città che non sentivo ancora mia, era come se stessimo vivendo in una bolla di non tempo, di irrealtà. In un istante che solo noi due potevamo conoscere. La mano stretta ancora sulla tua spalla, non ti ho chiesto alcunché e mi sono diretto con te al mio fianco verso il mio ufficio dove, rannicchiata su di una poltrona mi hai raccontato la tua storia. Della tua educazione rigida e del tuo perenne desiderio di fare ciò che le regole ti imponevano di non fare. Il solo immaginare le punizioni che eri stata costretta a subire mi faceva andare in estasi. L'impudico mostrarmi sul tuo corpo i segni lasciati nel tempo dai tuoi educatori, mi stava provocando un'erezione violenta ed inaspettata. Quando poi hai parlato della donna con cui ti avevo veduta al bar e l'hai definita "stronza megera", non ho resistito, ho finito io per lei e ti ho colpita con un sonoro ceffone. Con le mie cinque dita stampate sul volto, mi hai guardato con stupore e gioia mescolati in volto. Hai assalito la mia mano ed hai iniziato a baciarla. Mescolando ai tuoi baci parole confuse e sommesse, ripetute smozzicate in una specie di litania di ringraziamento. "Era ciò che desideravo" "grazie mio signore" "non merito questo dono". Questo è ciò che mi pare di aver udito i quel parlottio caotico. Sei letteralmente crollata ai miei piedi baciandomi le scarpe implorando la giusta punizione (ma qual era la colpa?).  Ma mai ti ho sentita parlare di pentimento da parte tua. Era la conferma che ciò che avevi 'commesso' era stato da te premeditato al solo scopo di essere per quello punita. Da chiunque. O forse . . . 
Ancora non ricordo cosa sia accaduto, quel pomeriggio, del mio lavoro. So che, mentre disdicevo appuntamenti e riunioni per quel giorno, te ne stavi raggomitolata ai piedi del divano. Senza che un gemito o altro verso che non il tuo respiro affannoso, uscisse dal tuo corpo. Ricordo di averti accompagnata sotto la mia spalla in ascensore, giù nel garage dove sei entrata, sgusciata, sul sedile della mia macchina e li sei rimasta in silenzio a guardare i miei gesti, come a memorizzare con ossessione ogni mia azione.
Giunti a casa ti ho aperto la porta e ti ho lasciata entrare, libera, come si fa con un nuovo cucciolo che portiamo per la prima volta in casa e lo lasciamo percorrere, incuriosito, gli spazi che saranno suoi, nuovi e sconosciuti. E così ti sei comportata, andando di stanza in stanza a perlustrare ogni angolo e ogni singolo mobile. Cercandomi, di tanto in tanto, con gli occhi per vedere dove fossi e cercando di capire cosa pensassi. Cosa volevo e cosa non volevo tu facessi. Stavi esplorando in Nostri limiti. Fisici e mentali. Dove sarebbe iniziato il confine tra il corretto, il lecito e il punibile?
"In bagno, lavati e cambiati" mentre ti preparavo le poche cose volevo tu indossassi per me. Semplice biancheria di cotone, infantile sotto una goffa tuta, troppo grande per te. Niente di sensuale ed eccitante, bastava la tua presenza li, in quella casa, per farlo. Ero sempre più certo di aver trovato, miracolosamente, la mia Schiava Perfetta. Ciò che accadde nella serata e nella notte importa ben poco. L'unica cosa che importa è che quella volta faticai ad addormentarmi. La consapevolezza di te tra le pieghe di un informe piumino, su una piccola branda ai piedi del mio letto, mi dava un'inquietudine mai provata prima. Con una domanda finii per addormentarmi: se io ero il tuo dominante Padrone, perché mi sentivo succube del desiderio stesso di dominarti? Tu, tanto debole e inerme, eri la Schiava o la reale Padrona di quel gioco irreale?

UNA GOCCIA DI CERA


Una goccia di cera,solo una goccia di cera. I tuoi occhi che mi regalano la sorpresa, il desiderio, il timore, la brama, l'incertezza per quello che ti ho proposto, per quel gesto di complicità che ti ho detto: solo una goccia di cera, quello ti avevo chiesto, sentire l'effetto di quella goccia colata sul tuo seno.
Ne avevi paura e desiderio al tempo stesso. Perchè? mi avevi chiesto timidamente, quasi temendo di infastidirmi e deludermi, che senso ha? Perchè lo vuoi fare?
E mi tornavano in mente le nostre discussioni su quello che era il gioco della dominazione, dell'appartenenza, di quello che era il rapporto tra chi esegue e chi subisce. Avevi sognato i nastri di seta rossa che stringevano i tuoi polsi, leggeri ed impalpabili, ma che serravano i polsi.
Avevi desiderato il nastro di seta dello stesso colore carminio che avrebbe coperto i tuoi occhi, che avrebbe annullato la tua vista.
I tuoi perchè, piccole domande che non erano curiosità da svelare, non erano dubbi, non erano incertezze, era il desiderio di andare avanti in quel percorso che ti avevo fatto immaginare.
Solo una goccia di cera. Sentirai l'attesa di quella goccia, il tuo corpo nudo, offerto, sentirai il tempo che trascorre come se fosse tumulto e come se fosse incitamento alla passione, avvertirai l'eccitazione, il piacere che si compie. I tuoi seni nudi, espost, pronti per raccogliere quella goccia di cera. Immaginerai il colore che ho scelto per te, il colore di quella cera, ripercorrerai il tuo percorso che ti ha portato a desiderarla, a volerla. Solo una goccia di cera, come io ti ho chiesto, per lasciarla assaggiare dal tuo seno, per sentire il brivido mentre lo colpisce, per scoprire quel morso, tenero e silenzioso.
Solo una goccia di cera...
Ed ora sei nuda davanti a me, gli occhi coperti dal nastro di seta, i capelli lisci e morbidi che cadono sulle tue spalle, le mani dietro alla schiena,sei in piedi, le tue gambe sono divaricate il seno che sporge in avanti, che mi sfida, che sfida quella goccia di cera, impavida, come per dimostrarmi il tuo volere, il tuo averla accettata... ed ora puoi vivere l'attesa, puoi sentire il colore della fiamma, il profumo di quella cera che si scioglie, il mio respiro che si mescola con il tuo, anime diverse che riempono lo spazio di quella stanza... solo una goccia di cera.
Non saprai dove colerà, non saprai quando colerà, solo l'attesa, solo la mia voce che ti culla, ti tranquillizza.
Eccola  la tua goccia... un tempo enormemente lungo tra il suo staccarsi dalla candela e cadere sul tuo capezzolo con una precisione inimmaginabile, come se fosse stata guidata, come se essa stessa sapesse dove dover cadere. é come sentire una stilettata, un colpo improvviso, come se volesse bruciare la carne, morderla, penetrare dentro di essa, scavarla. Il tuo corpo ha un fremito improvviso, una sorta di contorsione involontaria, come se il tuo corpo avesse recepito... il respiro che sembra strozzarsi, trattenuto come per gustare il momento. Voler gridare per il dolore che si immaginava e scoprirne invece il piacere. la sorpresa di come quel morso concede il piacere, di come tutto sembra trasformarsi e completarsi, come se lo avessi sempre desiderato, come se fosse il coronamento di un desiderio mai confessato. La cera si ferma, la goccia è deformata, come allungata verso il basso, ricopre il tuo capezzolo come se lo volesse catturare... si solidifica, tira leggermente la carne, la imprigiona.
Bacio le tue labbra, le lecco piano con la mia lingua, movimenti delicati ed impercettibili della mia lingua che scorre sulle tue labbra.... apri quelle labbra come per comunicarmi il tuo desiderio ed ora la tua tocca la mia, la cerca, la desidera. E in quell'abbraccio di lingue che conoscono alla perfezione l'arte della sensualità , del dare e prendere, del vincere ed essere vinti, tu mi sussurri semplicemente... ancora.... ancora.

DITA DI VENTO

La casa è silenziosa, ci sono solo io in tutto il condminio. Per tutta sera, ho guardato immagini hard di ogni genere... mi ritrovo la casa vuota e nessuno a dividere questa notte, sapevo che avrei avuto voglia di farmi, vado a letto, nuda. Sento i capezzoli duri come piccoli sassi, li accarezzo dolce, con insistenza, coi palmi delle mani, li stringo tra pollice ed indice sempre più forte... poi li tiro appena... li torturo un poco... non amo accarezzare il mio corpo, così abbasso decisa tra le gambe aperte la mano destra... ho appena fatto rasare il sesso... sfioro la pelle liscia, soffice, morbida... già toccarla è un piacere sommesso, brividi... conosco ogni millimentro... conosco le sensibilità più o meno accentuata di ciascun lembo di pelle... tuffo il medio tra le labbra, ed il polpastrello incontra il clitoride, si sta svegliando, lo sento stendersi... indurirsi... scappucciarsi... la punta sensibilissima sfregata dal dito... leggero.... poi appena più deciso... sospiro... amo indigiare in questo piacere solitario, amo farlo soprattutto quando sono stanca, e quando sono stanca il desiderio di essere posseduta si dilata dentro me e la mia testa. muovo il medio circolarmente, alla bae del piccolo sassolino... ne ricavo fitte dolci e profonde... si solleva ancora... è parallelo adesso... duole... desidero con forza una lingua dolce, insistente, instancabile... la lingua di una donna... la sua fantasia.... poi la penetrazione... vorrei entrambi.... la mia fantasia si innalza.... vedo col fondo degli occhi, una testa di capelli scuri tuffata tra le mie gambe ormai spalancate... sento i miei umori scivolare fuori di me... arrivarmi al buco... è una sesazione che mi da sempre un brivido diverso... una contrazione all'utero... voglio masturbarmi piano, non ho la minima fretta... a letto con questa donna misteriosa ed un uomo che ci guarda... mmmhh... seduto vicino a noi, osserva attentamente quello che facciamo, è in erezione ma non si avvicina, ci lascia fare... sarà pronto se lo vorremo con noi.... il dito si muove languido... mi fermo... con l'indice e l'anulare, allargo le grandi labbra... il mio sesso è così ben esposto... il clitoride, duro, vuole scaricare la tensione in un orgasmo che sto accuratamente evitando... le dita sono fradicie dei miei umori, distinguo chiaramente l'odore di sesso che emano... nella mia mente, la donna mi lecca con perizia mentre mi penetra con un dito la vagina ed uno l'ano... faccio cenno all'uomo di avvicinarsi, e indico lei, che è accosciata davanti a me ma esposta a tergo... la tocca... gocciola come me.... si posiziona dietro lei, e lentamente la penetra... mugola contro me, la faccia affondata, la lingua insistente... mi tocco un pò più rapidamente... ad ogni colpo dell'uomo, la testa di lei batte contro di me, ancora più dentro le mie labbra tenute spalancate dalle sue/mie dita... dentro me, la sento tastare le pareti della mia vogliosa e voluttuosa fica... come vorrei fare ma che non arrivo ad accontentarmi... sollevo i fianchi.... sento l'orgasmo arrivarmi da lontano ed avanzare come le maree di Mont Saint Michel... rapide... altissime.... gemo nel silenzio.... il mio corpo inizia ad irrigidirsi, i miei umori scivolano fuori da me abbondanti... le mie dita scivolano agili... il respiro si fa via via veloce... ho voglia di cazzo.... ho voglia di stringerlo coi muscoli della mia fica che sta per impazzire... ho voglia di essere scopata forte, come piace a me... so di non venire con la penetrazione, ma insieme alla masturbazione mi regala un piacere più profondo... ormai non posso fermarmi, dentro me una supernova sta esplodendo.... mi agito... non riesco a stare ferma.... un ultimo irrigidimento... un gemito.... un mugolio... godo... sto venendo grido mentre l'orgasmo mi avvolge e mi proietta per pochi attimi lontana dal mio corpo... nn mi fermo.. continuo per prolungarlo... sussulto... il clitoride si ribella... fiotti di me fuoriescono... li raccolgo, bagno la mano, le dita....e mentre immagino di leccare quelli della donna che mi ha regalato la sua lungua, sferzate di orgasmo mi scuotono facendomi rabbrividire... lecco tutto quello che ho... assaporo il mio ennesimo orgasmo solitario.... ne godo... lentamente, ritorno in me.... mi sorrido... il bottoncino magico che mi regala questo teneramente si ritira... sento i capezzoli abbassarsi... il respiro tornare regolare... piano piano, scivolo nel sonno... il mio profumo intorno a me....
ladysweetlash,2006

domenica 29 gennaio 2012

SENZA TITOLO


Chiudo gli occhi, mi concentro e mi preparo a fingere per te.
Per la prima volta in questa notte non ti concederò la trasparenza del mio sguardo, non potrai vedere i miei occhi e leggere dentro me, tu con il tuo sguardo che mi scava più a fondo ogni istante che passa, che da me estrae l’humus di cui cibi il tuo orgoglio quasi come ne estrae le urla di piacere o le mie piccole lacrime di gioia e dolore. Adesso non avrai la mia sincerità, anche se te l’ho giurata e promessa il giorno che per la prima volta hai pronunciato il mio nome. Cambio la frequenza del respiro, mi servirà a convincerti che è vero. Chiudo gli occhi, devo cercare di non sentire i fantasmi delle corde che hai già slegato ma che pulsano e stringono ora che sono gettate ai miei piedi più che quando erano davvero ai miei polsi. Sposto le gambe con un fruscio del lenzuolo sotto di me che sembra riempire la stanza ora che è silenziosa, ora che il cd ha esaurito ogni canzone e che ci siamo solo io e te e il nostro respiro, ora che il mondo ha ripreso a ruotare intorno a questa stanza. Schiudo le cosce e piego le ginocchia, cercando una posizione più adatta, deve essere tutto perfetto. Fingo di dormire, nonostante la stanchezza, che mi ricopre come i tuoi baci ormai asciutti, non voglio addormentarmi, voglio che tu ti senta libero di non pensare a me. Sento il tuo corpo che si allontana dal mio e improvvisamente ho la percezione del freddo della tua assenza.
Così posso ricordare, rivivere dall’esterno le ultime ore.
Siamo arrivati in questo monolocale, arredato con cattivo gusto da un amico oggi in vacanza che ti ha detto “prendi pure le chiavi…” questa complicità mi infastidisce, dovrebbe essere un mondo solo nostro, dovresti proteggere ciò che siamo e i nostri momenti insieme, non voglio pensare che lui voglia sapere o possa capire…come spiegheresti “noi”? Hai preso le mie mani e le hai guardate a lungo, accarezzandole con le tue, sfiorandole con la tua bocca, ridisegnandole con il pennello della tua lingua. Improvvisamente hai afferrato i miei polsi con forza e mi hai guidato… mi è stato impossibile opporti anche un minimo di resistenza, stare in piedi con il corpo diviso frustrato dalle attenzioni che tu avevi solo per mani e polsi aveva fiaccato ogni mia volontà. Ti ho seguita docile, mi hai fatto inginocchiare e ti sei seduto davanti a me, su quella orribile poltrona rosa che il tuo amico deve aver avuto come punizione per le sue scarse attitudini, eppure ti guardavo completamente affascinata, ebbra, pronta a nutrirmi anche del tuo solo respiro. Hai acceso la sigaretta, con calma e mi hai osservata. Hai frugato nella tasca della giacca e ne hai estratto un pacchetto appoggiandolo sulle ginocchia, mi hai detto “Mia schiava, ora ti spoglierò, saranno le mie parole a farlo, leverai ogni indumento man mano che te lo dirò poi ti vestirai con quello che ti ho portato” sapevi che così saresti stato il mio Padrone, il mio corpo già ti apparteneva e a questo avresti aggiunto qualcosa che tu avevi scelto per me. Condotta dal suono della tua voce ho lasciato che cadesse ogni indumento superfluo, e così con indosso solo i sandali neri e il tuo sguardo ho seguito, a carponi, il filo di fumo della tua sigaretta fino ad arrivare al tuo regalo. L’hai aperto per me e mi hai mostrato dei guanti lunghi e un nastro in seta. Ricordo il dolce fremito che mi ha percorso la schiena quando mi hai fatta sollevare e hai iniziato a avvolgere il nastro intorno ai miei seni, intorno ai fianchi, passando in mezzo alle mie gambe e infine sulle mie cosce e ai miei polsi. Ferma e immobile, docile ad ogni tuo volere. Esasperata dai lunghi preparativi, da ogni nodo che nel farlo ti faceva sfiorare la mia pelle, dalla stoffa che inclemente struscia sulla mia pelle stropicciandomi i seni e i pensieri. Mi concedi di sedermi, sul bordo del tavolo, e inizi a guardarmi… io seguo ogni tuo movimento con un eccitazione crescente che non posso nasconderti, i miei capezzoli la urlano quasi quanto il lucido liquido che intravedi quando mi fai sedere. “Tieni la bocca aperta” mi dici, dopo avermi baciato e succhiato le labbra, aspirando da me l’aria e ogni volontà. Inizi piano a toccarmi, con la mano aperta a farmi sentire la pressione che sai esercitare, improvvisamente il tuo tocco cambia e inizi a pizzicare e mordere, indistintamente ogni parte del mio corpo, così non solo il seno diventa ipersensibile, ma ogni centimetro di me è a un passo dal perdersi fra le tue mani. Sono tua, non hai bisogno che lo confermi, non hai bisogno di sentire la mia voce roca di piacere, eppure te lo dico, in un sussurro. Tuoi i mie pensieri e tuo il mio corpo, tue le mie giornate lontane da te, quasi più di queste ore. Sento l’acqua della doccia e sento il tuo profumo quando rientri in questa stanza. Ti avvicini al letto e mi scosti i capelli dal viso, sfiori con le unghie i segni dei morsi sulla mia spalla e percorri i segni del nastro che ora racchiudo stropicciato fra le mani, e sento il tuo sorriso mentre mi guardi. Mi baci gli occhi per svegliarmi e io ti offro il mio languido torpore, in contrasto con la donna legata ma ribelle che fino a poco fa cercava di sfuggire al tuo possesso e al tuo esigere. Appoggi il petto alla mia schiena e il capo sul mio collo, modellandomi al tuo corpo perché io sia un duplicato di te, sai che questo mi fa sentire tua, al sicuro, nel nido delle tue braccia, li dove riposa, sempre, il mio cuore. Mi stringi fra le braccia, richiudendo le mie gambe fra le tue e mi dici “Tu porti i segni delle corde che mi legano a te”, sospirando. 
Y4ng, 2007
Io sorrido e ora mi addormento, è questo il posto che ho cercato tutta la vita.

SILENZIO

I dialoghi frammentati sembravano essere un unico libro di tensioni, paure, sorrisi, passioni e desideri. Un libro che di giorno in giorno si scriveva da solo, che raccontava di un uomo che protegge il suo passato e di una donna che affronta il suo presente. Usato, maltrattato, custodito…ma un libro ancora da scrivere. Tante le parole, le sensazioni, I desideri che non placavano la voglia di guardarsi, di sfiorarsi, di incontrarsi. Dopo aver pensato per un istante che le loro vite si erano incrociate in un mondo finto fatto di persone vere e aver capito che le loro anime si erano sfiorate…lei entrò in quella casa. Con una sorta di passo furtivo cercava di memorizzare tutti i profumi e i colori, sperando di trovarne. Quante percezioni ad ogni passo che la spingevano sempre oltre. Non ebbe mai paura di scoprire. L’ambiente era caldo, misterioso, pieno delle sue paure, dei suoi sogni, del suo essere. Lui così meravigliosamente abituato ad accogliere, si accorse del suo disagio e riuscì a contenerlo. Lei non si chiese mai cosa stesse facendo in quel luogo e non pensò mai che fosse sbagliato trovarsi lì. Iniziò il gioco delle parti, poiché l’unico desiderio per entrambi era di avere l’altro completamente, corpo e mente, ma con una tenera differenza dalle altre volte. Doveva essere speciale, unico, perchè come l’incontro tra il bianco e il nero, il giorno e la notte, il sole e la luna…il buio e la luce. Ancora parole, ancora sensazioni e desiderio ma adesso amplificati e penetranti, resi tangibili dagli sguardi e dal muoversi dei loro corpi. L’atmosfera, fino a quel momento artefatta, iniziò a vivere quando le loro mani si sfiorarono per sbaglio. Un tuffo al cuore, uno strappo nella mente, un fuoco che arde sul ghiaccio. Quel toccarsi distrattamente fu la porta che aprì la stanza delle emozioni vere, quelle che provi solo quando ti fidi completamente. In quel momento furono uno davanti all’altra nudi da ogni ruolo, da ogni corazza, da ogni maschera…le stesse due persone che scoprivano le loro profonde diversità che, così uguali, li accomunavano. Silenzio: gli sguardi urlano, essi sono lo specchio dell’anima. Sia l’uno che l’altra poterono finalmente scrutarsi dentro, accorgendosi di specchiarsi da due lati diversi di uno stesso vetro riflettente. Un bacio…l’eclissi. Il sole e la luna si incontrano, per alcuni un cattivo presagio, per altri un mistico accadimento, per loro fu il vetro che si infranse permettendogli di guardarsi veramente, di toccarsi, di unirsi. Ancora e ancora baci, come se la bocca fosse l’unica parte del corpo capace di trasmettere le loro emozioni, come se fosse l’unica fonte dal quale ricevere sensazioni, come voler imprimere nell’altro il proprio segno. I loro corpi erano caldi, segnati soltanto dai brividi che li percorrevano, le mani si muovevano lentamente curiose di scoprire, ansiose di trovare. Non esisteva nulla intorno come quando ti senti solo in mezzo alla folla, ma era bello. Bello come quando filtra un raggio di sole pronto a scaldarti, come quando cala la notte pronta a cullarti. Il buio adesso non faceva più paura e la luce non illuminava parti sconosciute, solo un insieme di riflessi e ombre dati dai loro movimenti sensuali vicino al fuoco di quel camino che sembrava incorniciarli. I loro corpi seminudi desiderosi di appartenersi erano guidati dalle pulsioni delle loro anime che, continuando a toccarsi, si avvicinavano ancora di più, quasi pronte a scambiare padrone. Non ci fu bisogno di parlare…avevano parlato tanto. Dovevano comunicare attraverso le emozioni, i lamenti, i sospiri, gli abbracci, gli sguardi. Quando la stringeva con forza lui la guardava pronto a fermarsi se avesse percepito dolore, sofferenza o peggio…paura. Lei era come una rosa della quale riusciva a sopportare le spine, quelle spine che non feriscono fuori ma dentro. Non quel dolore che lui tanto riusciva ad infondere, sopportare e controllare, quello piuttosto che ti sconvolge dentro e ti confonde. Mentre la avvolgeva lui sentiva i suoi capezzoli che sembravano pugnali di passione, le sue braccia catene di desiderio…il suo corpo gli urlava "Entra dentro di me, nella mia anima e dimentica l’uscita perchè ciò che troverai è bello, anche se dovesse essere un solo soffio di vento". Silenzio: l’eclissi totale. Il sole e la luna sono perfettamente allineati. I due erano perfettamente uniti, un solo corpo, una sola anima. Non per qualche ora ma per tutta la notte e forse per tutta la vita perchè il segno del nero sul bianco e evidente quanto quello del bianco sul nero, perchè due anime seppur diverse possono unirsi, perchè il giorno incontra sempre la notte prima di spegnere la sua luce, perchè il sole illumina la luna anche se essa ha un lato oscuro.  "There’s so many different worlds. So many different suns. And we have just one world. But we live in different ones".  Brothers in Arms – Dire Straits

RICORDI


C'era una strada, in terra battuta.... partiva dalla chiesetta dove la sera noi bambini ci trovavamo per giocare a nascondino; ero abile nel non trovarmi mai al tocco, nel non farmi mai trovare. E lo era altrettanto, mi sembrava, quel ragazzo con gli occhi blu, grande troppo grande per me, che nel gioco si infilava a casa sua,e mi aspettava; love is blu, la canzone nella stanza, la sua mano nella mano e nient'altro.....non mi ha mai toccata....non glielo perdonavo questo. C'era una strada, in terra battuta..conoscevo ogni passo e ogni curva, precedevo il gruppo composto dai miei fratelli, dalla nonna, da qualcuno con noi... nella prima parte raccoglievo quadrifogli, mi saltavano in mano solo al passaggio delle mie scarpettine da ginnastca di tela blu, andando oltre setacciavo con gli occhi le foglioline di felce, a trovare quelle lisce, percorrerne il gambo delicatamente, sentir la terra umida, infilar le dita e tirar la radicetta, senza far del male al resto della pianta. Pulire bene, lavare, masticare quel sapore  acerbo, non ancora troppo amaro, non troppo forte, quasi un cucciolo di liquirizia per le voglie di un cucciolo poco umano.... e l'aria cambiava nel proseguire, cambiava la vegetazione, il sole non entrava più dall'alto nel bosco che si faceva fitto... si annunciava l'impeto, la frescura....la forza, la sorpresa.... raccoglievo i fiori bianchi a piumini, che piacevano alla nonna, i garofanelli selvatici, abbarbicati sule pareti fra radici ed erbusti. Non c'era un passo che non significasse nuovo pensiero, che non fosse percorso e ripercoso in tondo, nell'attesa del gruppo, della lentezza e distrazione degli altri.Sapevo riconoscere le betulle, cercarne funghi alla base, sentire odori, come quando ultima di una spedizione nei boschi, tutti adulti, scorgevo i porcini, dove nessun occhio li aveva visti, nell'irritazione generale dei cercatori esperti. Lla casetta sul lato sinistro, le solite frasi della nonna che sembrava saper tutto di tutti, i rumori dei passi, mettere la maglietta di lana, sapendo cosa ci sarebbe stato al fondo del cammino, sentendone il richiamo. Nella mia fretta non avevo fretta, ma dovevo essere la prima, a fermarmi e dire...ecco..... l'ultima parte era un altro mondo, l'aria fredda, il suono sordo...le goccioline gelide nell'aria, quasi più nessuna luce...
quella si percorreva più veloce, niente più sguardi intorno, distrazioni, e nel silenzio i tronchi enormi appoggiati ai lati, la segatura a mucchi del taglio fresco, la strada si allargava, diventava spiazzo il rumore forte......l'impeto della caduta, l'aria schiacciata e spinta , il fiato sospeso, lo stringersi gli indumenti addosso, il freddo gelido schizzato fuori, gli occhi alla schiuma bianca, i passi ancora avanti, gli occhi al cono d'acqua senza lati, come capigliatura folle, i passi avanti, gli occhi al punto di caduta, i passi fermi, fermo il fiato. Il bosco generava la cascata, il buio, il freddo, la sorpresa; un ghiacciolo in bocca di un gusto sempre nuovo, mentre ti giri intorno ad occhi in su, per rubare il sole al concentrico degli alberi non potevo fermarmi lì, come tutti loro...no, io andavo avanti, masso a masso, bagnati e scivolosi, raggiungevo il punto di caduta, senza più badare al freddo, all'aria, all'acqua
mi chiamava e lo ascoltavo, mi fermavo sotto, dove, un passo in più mi avrebbe inghiottito. Mi sedevo lì, in atteggiamento teso non buttavo sassi all'acqua, non pescavo pesciolini, sapevo del tetto sopra, rotondo di rami e foglie, del comprimersi ed espandersi del luogo, sapevo che c'erano strade per arrivarci, visione dall'alto. Ma io ero lì, lì in basso, dove non potevi più voltarti, dove il dietro non contava più, dove per il tempo che volevi, il silenzio era padrone....nel rumore violento del cadere....cadere, cadere senza fine....il fiato fermo, respirar silenzio. La cascata in mezzo al bosco, padrona del mio tempo, del percorso , della voglia di arrivarci, dei passi in cerchio per raggungere il cerchio massimo, dove impera la caduta.... ognuno dietro giocava a qualche cosa, i grandi con le parole urlate nel frastuono, i piccoli con i tronchi a salirci e scenderci....lo sapevo solo...non sentivo più..ero sola col silenzio..il silenzio del rumore e della forza....del buio violentato dagli schizzi, della dolcezza dell'immergersi. L'acqua era gelo, a toccarla diventavi blu.....e non c'era bisogno.... ero io a dare i tempi.....del ritorno....io a staccarmi e voltarmi, dopo aver concesso loro il riposo del cammino, l'abbeverarsi alla fontana umana....la fontana del Laiolo, la meta della gita era quella, acqua particolare non per me, mi alzavo dai sassi piccoli pericolosi e ultimi
nessuno si era sognato di dirmi...fai attenzione...era tutto mio, tornavo indietro sui grandi massi, e sullo spiazzo e sulla strada riprendevo i miei mazzetti bianchi e rosa, abbassavo il volto e annunciavo il passo, solo con la direzione, il camminare sempre avanti, gli altri dietro, senza più girare in cerchio, senza togliere la maglietta, gli occhi sempre attenti...
Sul finire , verso i prati raccoglievo quelle foglie larghe e piatte, venate dietro da carnose righe, da strappare piano, per lasciare dondolanti i fili , da poter estrarre....servivano alla nonna, per i suoi piedi già malati, sostenuti da un bastone forte, che io avevo cercato e preparato per lei il proseguir del giorno non contava....fino alla chiesetta della sera e al ragazzo dagli occhi blu.....e al suo silenzio, mano nella mano .....non potevo perdonarlo....

PSICHE

Il masochismo femminile In che senso si può parlare di masochismo femminile, cioè di quello che in genere si intende per masochismo delle donne, che consisterebbe in una "naturale" predisposizione alla passività, alla sofferenza, alla sopportazione del dolore, al sacrificio di sé, alla posposizione del proprio interesse rispetto a quello dell'altro? Cercherò di esplorare questo nodo, punto d'intreccio di molti rapporti uomo-donna. Nella storia della teoria psicanalitica c'è chi ha sostenuto la tesi che la sessualità femminile si fonda sul masochismo: Helen Deutsch, ad esempio, analista della prima generazione, nel sostenere questa tesi si è rivelata più realista del re, cioè di Freud, che è invece molto cauto e sottile nell'affrontare quest'argomento. Quando, nel 1924, Freud scrive "Il problema economico del masochismo" siamo già nella seconda, grande fase di elaborazione teorica inaugurata con "Al di là del principio di piacere", posteriore cioè alla scoperta della funzione della pulsione di morte. In questa nuova prospettiva il masochismo, inteso come tendenza dell'organismo e del soggetto ad autodistruggersi, è una componente originaria, costitutiva. Ognuno, uomo o donna che sia, è assoggettato ad un masochismo che possiamo definire "fondamentale" o "originario" che è effetto della pulsione di morte.  L'universalità del masochismo fondamentale è l'elemento centrale di questo scritto di Freud che contiene anche altre tesi di sicuro interesse come la distinzione fra masochismo erogeno, femmineo e morale. Del masochismo erogeno Freud si era già occupato in un saggio precedente e famoso, "Un bambino viene picchiato", dove descrive un fantasma, quello di vedere picchiare un bambino (dal padre o da una figura anonima). Il fantasma mette in scena una punizione che ha la funzione di occultare il masochismo erogeno infantile che è stato oggetto di rimozione; nel masochismo erogeno il piacere si mescola al dolore ed il dolore è condizione del piacere. Il masochismo "femmineo" (correttamente la traduzione italiana non usa "femminile") viene invece rintracciato nel fantasma dell'uomo: un fantasma maschile frequente è quello di essere castrato, di subire il coito e di partorire. Questa forma di masochismo si fonda sul masochismo primario, erogeno, e rinvia a contenuti ed esperienze infantili. L'eccitamento libidico che si accompagna alla tensione dolorosa costituisce, secondo Freud, un meccanismo fisiologico infantile. Infatti tutti gli stadi della libido sono accompagnati dal masochismo erogeno: dalla fase orale (paura di essere divorato dal padre-animale totemico), a quella sadico-anale (desiderio di essere percosso dal padre), fino alle situazioni che caratterizzano la femminilità come subire il coito e partorire. Qui Freud propone che i termini femmineo-infantile siano accostabili e addirittura sovrapponibili ma "femmineo", per Freud, non significa femminile; il masochismo femmineo è quello che gli uomini attribuiscono alle donne ma che fa parte del proprio fantasma. Gli uomini rigettano sulle donne il piacere masochistico che loro otterrebbero se potessero occupare il posto di una donna. Molte analisi di uomini si arenano su questo punto che rappresenta lo scoglio della castrazione maschile. Alla difficoltà del riconoscimento della cosiddetta "invidia del pene" nella donna corrisponde nell'uomo il riconoscimento dei propri desideri passivi nei confronti del padre. Questo riconoscimento può risultare insopportabile perché comporta la castrazione. Godere "come una donna" equivale a farsi violentare ed evirare. La terza forma di masochismo, il masochismo morale, è dettato dal Superio ed è l'erede diretto del complesso d'Edipo; a differenza del masochismo erogeno e del masochismo femmineo, non cerca la sofferenza inflitta dal partner o dalla persona amata, ma se la procura attraverso le circostanze di vita più diverse; ubbidisce ad un bisogno inconscio di punizione dovuto ad un sentimento di colpevolezza. Il masochismo morale si presenta come desessualizzato ma, quando si accompagna al desiderio di essere picchiato dal padre, rinvia al masochismo femmineo, cioè al desiderio di avere rapporti sessuali col padre. Il masochismo morale sarebbe insomma solo una copertura di un masochismo femmineo rimosso. Queste tre forme di masochismo non producono necessariamente una perversione, cioè quello che si intende comunemente per masochismo; non comportano l'allestimento di scenari come quelli descritti dalla penna di Sacher-Masoch. Si possono avere fantasmi masochisti senza per questo essere perversi. Il nevrotico si distingue dal perverso perché non è costretto ad agire le sue pulsioni, ma si accontenta di immaginare, si accontenta del fantasma. Questo fantasticare rende il concetto di masochismo molto più ampio ed estensibile della perversione propriamente detta ed in misure diverse tutti i nevrotici sono potenzialmente esposti alla tentazione masochistica. Se si intende il masochismo non nel senso dell'azione perversa ma come partecipazione al fantasma possiamo chiederci come e se le donne condividono questo fantasma che abbiamo definito essenzialmente maschile.  Quale rapporto c'è tra masochismo "femmineo" nell'uomo e masochismo delle donne, femminile? E che cosa si intende per masochismo femminile?Masochismo, desiderio e angoscia A questo proposito, nei suoi "Appunti per un congresso sulla sessualità femminile" (Scritti, Einaudi), Lacan si chiede: il cosiddetto masochismo femminile non è forse un fantasma del desiderio dell'uomo? Nel seminario del '62-'63 su "L'angoscia" (inedito) Lacan riprende la distinzione freudiana tra masochismo perverso e masochismo comune: il perverso agisce quello che nel nevrotico resta un fantasma; poi spinge le cose più avanti e mette in relazione il fantasma (in questo caso il fantasma masochista), con la teoria dell'angoscia e con la funzione del desiderio. Il concetto lacaniano di desiderio è molto vicino a quello freudiano di pulsione e l'esplorazione del masochismo avviene analizzando la relazione tra pulsione-desiderio, angoscia e, terzo termine, il loro oggetto: nel fantasma il soggetto si collega col suo oggetto attraverso l'angoscia.


Subire, sottostare, non agire sono modalità della passività. Un luogo comune attribuisce la passività alle donne e in un passato neanche troppo lontano il termine "passività" era considerato quasi un sinonimo di femminilità. Con un ulteriore slittamento nel campo dei sinonimi linguistici si passa dalla passività al masochismo, un termine entrato nel linguaggio corrente per indicare la ricerca del piacere attraverso la sofferenza fisica o morale. Il masochismo è un argomento essenziale della comicità e della satira: dal clown da circo, ai film da torte in faccia, a Paolo Villaggio alle gustosissime strip di Altan c'è una varietà infinita di gag che mettono in scena, invariabilmente, il dolore fisico o morale. La certezza della loro efficacia conferma la tentazione masochistica che c'è in tutti e che il meccanismo del riso fa affiorare senza obbligarci a riconoscerla come nostra. La comicità in genere mette in scena il masochismo degli uomini contrapposto al sadismo delle donne (Altan è ancora maestro in materia), il che va ricondotto al fatto che gli autori sono spesso uomini e che rappresentano i propri fantasmi: quello, ad esempio, di essere maltrattati da una donna. Nella realtà le cose sono più spesso rovesciate, almeno per quanto riguarda il subire fisicamente il dolore e la violenza. Da un lato la satira e la comicità provocano il riso puntando sul masochismo maschile, dall'altro è raro che gli uomini si consegnino alla violenza delle donne, soprattutto se di natura fisica. Insomma il fantasma masochista è declinato al maschile e i maltrattamenti reali, invece al femminile. Questa realtà ha un corrispettivo fantasmatico? Esiste nelle donne un motivo interno, inconscio, che asseconda i maltrattamenti fisici o morali?


Il masochismo femminile nell'uomo di Marisa Fiumanò 























LIA

Una foto, solo una foto, senza una parola di commento o di presentazione. La sua foto nella mia email, quasi fosse stata una sfida o la dimostrazione del suo voler rispondere al mio gioco di provocazione. Avevo conosciuto Lia in una stanza di una chat qualunque, una sera di noia bestiale, dopo una giornata dove tutto era andato storto, quelle mattine che sembrano partite con il piede sbagliato. Poi il suo intervento a sorpresa nello schermo. Ironizzava con il mio nick, come se fosse argomento per un battibecco. La foto Lia me l’aveva mandata qualche giorno più tardi, dopo sere passate a parlare per ore come se ci si conoscesse da qualche tempo, no, peggio, come se si avesse la spudoratezza di volerlo fare, quasi a voler smascherare l’altro, a carpirne l’intimo a sentirsi pelle su pelle. La foto non portava nessuna parola di accompagnamento e raccontava di una donna piacevole ritratta al mare d'inverno con un sorriso melanconico come di chi non ha nulla da offrire al fotografo, come se fosse stata una posa naturale ma mancasse qualcosa. Le dissi: sei sospesa in quella foto! Sospesa, come se fosse rimasto incompiuto qualcosa, come se quei capelli biondi che erano mossi dal vento volessero raccontare di più, come se gli occhi socchiusi nascondessero la tristezza, come se si fosse perso qualcosa e non si riesce a ritrovare. Sospesa. Lia si meravigliò di quel mio appunto. Sì era vero, mi disse poi, si sentiva sospesa, come se cercasse e non trovasse, come se si offrisse per qualcosa che nemmeno lei sapeva. Sospesa tra cielo e terra tra volere e potere, tra desiderio e rinuncia. C’è una frase che mi torna spesso alla mente, una frase che era tipica del mio professore di Ginnasio. “Quando le parole hanno la forza del dialogo sono capaci di azioni nobili e coraggiose”. Era questo il dialogare con Lia, la forza del dialogo, spontaneo, amichevole con delle sfumature sensuali come chi si sta cercando ed ha la consapevolezza di aver trovato. La foto era la degna conclusione dei dialoghi e siccome ne rappresentava la forza era senza parole. Nessuna parola, come se le racchiudesse tutte in uno spazio minimo. La mia risposta fu altrettanto silenziosa: solo il mio numero di cellulare. Un mese dopo eravamo uno di fronte all’altro in un bar del centro per prendere un aperitivo. La foto non rendeva quello che Lia era “de visu”, non rendeva merito alla sua sensualità ed alla sua femminilità. Un vestito di seta leggerissimo bianco, impalpabile, a sfiorarlo sembrava stringere il nulla, due sottili spalline lo sorreggevano ed univano insieme eleganza e sensualità. Intorno alla vita c’era una cintura stranissima, una sorta di corda in seta bianca passata più volte intorno ai fianchi. Una chiusura di bronzo lucente completava quell’accessorio che mi incuriosiva. Un corpo modellato, una bocca che sorrideva e che sembrava regalare autentici momenti di serenità, di gioia. Parole soffiate, sorrisi, sguardi che sembravano raccontare un mondo intero, parole ingoiate, bevute come se si fosse assetati nel deserto. Hai fame? Un po’… Vogliamo andare a mangiare qualcosa per il pranzo? Sì, volentieri… Il posto era quello che preferivo, una vecchia casa colonica dove era stato ricavato un ristorante alla buona ma dalle pietanze cucinate con grande passione accompagnate da splendidi vini. Un posto che regalava la tranquillità e che permetteva di parlare nella penombra delle sale. Osservavo Lia, la scrutavo come se fosse un desiderio, come se volessi riconoscere il lei quel desiderio che avevo sempre accarezzato. Una donna che sapeva starti accanto, che era capace di esserti vicino e farti sentire la sua presenza, discreta ma al tempo stesso forte e concreta. Facciamo due passi? C’è un posto bellissimo che vorrei farti vedere. Fuori della casa colonica iniziava un prato sconfinato che sembrava avvolgere la collina. Camminavamo senza fretta l’uno accanto all’altro. Poi lei quasi a sorprendermi si tolse le scarpe, camminando a piedi nudi. La osservavo e lei sorrideva quasi a chiedermi il permesso per quel gesto. Sembrava danzare sull’erba quasi ad evitare i fiori per non sciuparli, per lasciarli intatti. Arrivammo fino al crinale della collina fermandoci sotto un grande albero frondoso che regalava ombra e frescura. Mi tolsi la giacca e l’adagiai in terra. Non vorrai mica sederti sull’erba con quel vestito bianco….. Desideravo quella donna e la cosa sorprendente era sentire il suo desiderio negli occhi, di vederla con il piacere addosso. Era accaldata, le labbra appena umide e senza il rosso dell'inizio dell'incontro e che sembravano chiedere… Un bacio, un bacio che univa quelle parole che ci eravamo detti fino ad un istante prima. Le mani che accarezzavano i sui capelli, che correvano piano sul suo collo, che scendevano a cercare la sua pelle, a carpire il suo piacere. Che cosa è il desiderio? Che cosa è il piacere? Cosa è la sensualità dei gesti? E’ l’insieme, è la congiunzione di emozioni che si accavallano e si fronteggiano che si rincorrono e si superano, aspettando che l’altro ritorni al suo fianco se mai restasse indietro, è scoperta di quello che la mente offre all’altra mente, è consapevolezza di volere e di dare al tempo stesso. Dare e ricevere senza misurare il sapore di quanto dato e quanto avuto. Avevamo parlato spesso di piacere con Lia, avevo stuzzicato più volte la sua fantasia quasi a volerla conoscere a carpire il piacere dentro di lei. Mai avere fretta, mai rinunciare al tempo, mai dimenticare quella che è l’attesa come se il piacere si costruisse lentamente, con piccoli passi che portano all’estasi. Lei si scioglieva piano tra le mie braccia, come se fosse miele che ti lascia la bocca di un sapore dolce. Io mi scioglievo dentro di lei come se l’attesa fosse ineludibile, come se fosse traguardo lontano. Due corpi che sembravano un’unica forma. E restare in silenzio come se l’andare avanti avesse cancellato l’emozione dell’istante. Restammo in quell’estasi dell’abbandono per chissà quanto tempo, sembrava un’eternità o forse era passato un solo minuto. Devo andare… Perché? Perché tutto questo non ha senso… tu la tua vita, io la mia? Ha senso tutto questo Lorenzo? Resteremmo feriti tutti e due e nessuno ci leccherà le ferite, lo sai benissimo. Stiamo toccando il cielo con un dito, ma domani non potremmo fare a meno l’uno dell’altra. Questo ti fa paura, Lia? No, non mi fa paura, ne ho semplicemente il terrore. Si alzo dalla mia giacca e si appoggiò all’albero, quasi a voler prendere le distanze da me. Non era fuggire, era misurare le mie reazioni, era come una sorta di sfida nascosta come per vedere la mia risposta. In piedi di fronte a lei, la guardavo senza nessuna parola, la sfioravo con la sguardo, la baciavo con la mente. Le mani accarezzavano i suoi fianchi, ne sentivano la forma, quasi a volerli modellare. Le bocche di nuovo serrate in un bacio senza fine, la lingua che cercava la sua, che l’avvolgeva, la succhiava, l’accarezzava. Penetrava la sua bocca come se anticipasse quel desiderio che avevamo costruito. Era l’apice di quel desiderio, era l’aprire lo scrigno della passione, del piacere che da pensato diventava reale. Le mani vibravano insieme alla sua pelle, dare e ricevere piacere come se fosse la trasmigrazione della sensualità. Le mani che sciolgono quella strana cintura di seta, la snodano dai suoi fianchi…. Come se fosse un trofeo, no, meglio, come se fosse uno strumento inimmaginabile forza e potenza in chi sa usarla. Quella cintura come una corda, come se il destino avesse predisposto tutto. La seta impalpabile che strige le sue mani, passata intorno all’albero come se la rendesse prigioniera per sempre. Cosa vuoi fare Lorenzo, cosa vuoi fare? Tenerti prigioniera, Lia, non lasciarti fuggire, tenerti qui con me…. I nodi non sono stretti, lo sai puoi fuggire se vuoi, ma puoi considerare quei nodi come se fossero impossibili, come se il piacere stesso li tenesse serrati. Per tutta risposta la sua bocca corse a rincorrere la mia, come se il desiderio si fosse sopito all’improvviso, come se si fosse destato il piacere e gridasse di averne ancora. Ora era la sua lingua che cercava la mia, ora era la sua che entrava con forza nella mia bocca che la voleva. Le mie mani slacciavano i piccoli bottoni del suo vestito fino alla vita, stringevano piano i suoi seni, potevano sentire i suoi capezzoli ergersi, vibrare. Giocare con i suoi seni, tenerli stretti e poi lasciarli liberi, imprigionarli ancora fino a liberarli da quel sottile vestito di seta, vederli uscire fuori come se chiedessero di respirare, come se volessero mostrarsi nella loro perfezione, in quel candore di donna. Un gioco senza fine, lei imprigionata all’albero, le sue braccia immobili come se fosse l’abbandono, la resa… il vestito che sale piano, si alza per scoprire il suo corpo, lo lascia ammirare… Le mani si fanno invadenti, celeri, vogliose di dare piacere, scoprono ogni centimetro del corpo, lo controllano, le desiderano, se ne impossessano. Il corpo che vibra di piacere, che lo attende che lo cerca, come se fosse dannato. Bocche che si cercano, che si vogliono, parole che sembrano allungare il passo di danza del piacere. Il miele, quel miele che sentivo dalla sua lingua. Aspetta Lia, ho una piccola sorpresa… I suoi occhi interrogano, chiedono spiegazioni ma sono abbandonati, una resa incondizionata…. Una bustina di miele, di quelle bustine che si usano al bar per dolcificare il caffè, o che si tengono i tasca come se fosse una caramella da succhiare. Il vestito aperto sopra il suo seno, schiuma impalpabile, i seni che sembrano gridare come se chiedessero di essere presi, di avere mille attenzioni. Una goccia di miele che cola sul suo seno, colpisce il capezzolo, sembra avvolgerlo, la lingua che rincorre quella goccia che ne assapora la dolcezza che continua avida a succhiare, come se il capezzolo fosse mangiato piano, come se fosse cibo per quella bocca che non si ferma fino a quando non resta traccia di quella goccia di ambrosia. Il corpo di Lia che sembra impazzire, impossibilitato a muoversi ed offerto al piacere, il corpo che freme, come se fosse scosso da brividi di piacere, di follia. Un’altra goccia e di nuovo quella lingua che ne va alla caccia, ora con più calma, quasi a voler sentire i fremiti, come a misurarli. Ed una goccia ancora fino a sentire il desiderio che vuole esplodere. E poi le ultime gocce per la bocca, la sua bocca che si apre come per ricevere la vita, il soffio vitale che permette il respiro, il miele che cola come un filo sottilissimo che sembra ornare le labbra, la lingua. Il filo sottile che tiene legata la mano del bambino all'aquilone, sottile ed invisibile ma che ne costituisce l'unione. E tornare ad essere avido, quasi vorace di quel piacere, andarselo a riprendere come se fosse stato donato e proprio per questo con una valenza e con una forza maggiore. Il miele, il miele che ricopriva il suo seno, la sua bocca, le dita che passavano sulle sue labbra e che raccoglievano gli ultimi sapori per dividerli tra le due bocche affamate di desiderio. Restammo stretti l’uno all’altra, le mie braccia che la avvolgevano, le sue legate intorno a quell’albero, immobili come a voler ascoltare il rumore silenzioso del nostro piacere, soli in quell’attimo di sospensione tra cielo e terra, in un prato fiorito che sembrava brillare di una luce propria, stretti in un piacere che avevamo desiderato, voluto, cercato e trovato. Uno accanto all’altro, in un’estasi invidiabile, in un momento unico ed irripetibile di quella passione che era stato non desiderio, non passione ma semplicemente amore. Quello che sarebbe accaduto poi nessuno dei due voleva saperlo, consapevoli della forza che avevano scoperto insieme. Domani non sarebbe stato diverso, non poteva essere diverso perchè quel miele era come se fosse stato legame di sangue tra due corpi che sapevano donarsi e prendersi. Lia non era più sospesa era il momento stesso della vita, l’essenza che era consapevole di essere viva.

ATTIMI


Credo di essere una persona semplice e "normale".. Almeno cosi' credevo fino a quel giorno di due anni fa. Avevo scoperto la chat da diversi mesi, nulla in interessante ma piacevole compagnia, tutta gente strana che fa a gare per dichiarare cose inesistenti e magari alla ricerca di visioni di cam molto acrobatiche e trasgressive. Ho creato un nik da far girare la testa e qui il divertimento davvero unico di prendere in giro l'intelligenza di chi mi contattava. Davvero poche le persone che hanno saputo capire chi era la donna dietro quel nik diretto. Ma un pomeriggio, stanca di queste cretinate.. giro per stanze e ne trovo una che parla di castelli e segreti...e la mia immaginazione vola. Apro la stanza e unica persona che trovo è un uomo. Chiudo la stanza in fretta ma lui mi ricerca e mi chiama in pvt. Come da manuale crede che io sia un sito che sia una persona alla forte ricerca di emozioni virtuali. Capito cosa cerca, capita la persona e allora mi affretto a distaccarmi da lui lasciandolo a bocca asciutta ma una sua frase mi ferma.."Scusa non ho riconosciuto in te la sensualità e la carica femminile di donna che sei.." Colpita! La mente si ferma e il cuore comincia a palpitare, chi è questa persona che arriva da un universo diverso. Siamo troppo distanti come città, troppo lontano, troppo, impossibile stabilire un contatto reale con lui, ma le parole della chattata corrono veloci e riempiono la giornata, il discorso si fa eccitante semplice, imponente. In quattro ore conosco tutto di lui e lui conosce tutto di me , naturalmente, con voglia di parlare di farsi capire. Sono diffidente a dare il mio numero di telefono ma con lui diventa molto semplice quasi glielo volessi gridare. La sua voce mi sorprende, calda .. sensuale, da uomo deciso, forte e comincio a sentirmi succube di lui. Lentamente mi entra nel cervello, mi fruga dentro e ne viene fuori vincente.. è il mio padrone, l'essenza del mio desiderio. Resta un gioco, mi chiama in ufficio, e io interrompo ogni cosa per soddisfarlo, corro in bagno a toccarmi e a fare le cose che lui vuole che lo eccitano.. mi chiede di portarmi un vibro in borsa pronta ad usarlo quando lui vorrà e io lo faccio soddisfatta di soddisfare le sue fantasie e eccitata al pensiero che lui sa che io lo porto con me. Mi telefona in ogni attimo e mi chiede di fare cose che nella mia vita amorosa non ho mai fatto, mostrarmi davanti allo specchio e godere di me con il telefono appoggiato alla mia figa perche' lui possa sentire i miei umori.. E questa indecenza diventa realtà .. la voglia mi assale e ogni giorno leggo le sue email, gli scrivo i miei desideri, e lui apprende tutto come oro e lo deposita nella banca della sua perversione e mi "usa " con intelligenza rendendomi schiava di quella voce , schiava di quell'essere uomo..  E voglio esserlo, desidero solo essere la sua puttana, la sua amante la sua donna, voglio regalargli il mio corpo voglio scaldare le sue notti se me lo chiedesse resterei in ginocchio accanto al suo letto completamente nuda, pronta a esaudire le sue fantasie e se volesse mi lascerei usare e "regalare " ai suo amici.. Sono il suo giocattolo, sono la sua troia e questo mi esalta. Ne sono consapevole e questo mi rende folle, ingorda, complice. Dov'è finita la donna tranquilla che era in me? E chi se ne frega, voglio godere del suo sorriso, dei suoi gemiti. Prepotente cresce la voglia di conoscerlo di persona, prepotente la voglia di sentire quelle emozioni dentro di me diventare realtaà. Sono passati diversi mesi, sono la sua schiava totale, troia e donna. Mi chiama regina mi dice che ha in serbo per me un gran regalo che mi farà al momento del nostro incontro: un collare,non un collare di cuoio come lo avevo immaginato, ma un girocollo con una scritta importante.. e io non vedo l'ora di ottenerlo per essere completamente votata a lui. Il mio cuore alla parola incontro si ferma.. Dio fa che sia vero.. E arriva l'estate prepotente.. mi dice in diverse email come sarebbe il nostro incontro, come gli piacerebbe che sia.. io in una stanza d'albergo nuda con addosso solo una maschera che non mi fa vedere chi entra.. sarò in ginocchio ad attendere, e quando si aprirà la porta non saprò se è lui o chiunque altro che lui ha mandato per godere di quella scena. La prima sensazione è umiliazione ma poi nascosta, cresce la voglia di adrenalina, di fargli sapere quanto sia riuscito a rendermi troia. Ho voglia di conoscerlo ma non riesco a trovare il sistema per incontrarlo finchè il destino non ci viene incontro.. Non trovo nessun campeggio nessun albergo che mi possa ospitare per il Ferragosto, certo come al solito parto in ritardo . e Lui arriva in aiuto, mi dice.. che ne pensi di un castello? Il lampo che prende il mio cervello è eccitante, le mie fantasie si avverano .. il mio desiderio piu' grande e' quello di sentirmi prendere nelle segrete di un castello.. Dico sì senza pensarci , si mio signore, si mio padrone voglio incontrarti lì.. Lui mi prenota, mi aiuta a organizzare questo viaggio di lussuria , e finalmente parto con la mia amica, per la sua regione , terra a me sconosciuta. All'arrivo, il panorama è fantastico.. Ma la mia mente vuole solo sentire lui, compongo il numero e la sua voce mi snobba .. ti chiamo dopo io.. Delusione e rabbia. Che cosa faccio qui? Ma la padrona del castello è un donna davvero simpatica e così la delusione passa e prendiamo possesso del nostro appartamento. Mi sento davvero regina in un castello, castellana di altri tempi. Aspettando il mio cavaliere errante.
Primo giorno e lui non si sente, passo la giornata a conoscere il luogo, davvero suggestivo. Secondo giorno e lui preso da impegni inderogabili non riesce a venire ma continua a dirmi cosa devo fare quando lo incontro e io sogno quel momento, in mille modi. Al terzo giorno finalmente un suo messaggio.. il tuo padrone vuole conoscerti... ho il cuore in gola, ho le mani che tremano sono presente in quella stanza ma non ci sono. Spedisco la mia amica via, a fare la turista, pentendomene ogni volta che la persona che io ero mi porta alla realta': ti stai mettendo tra le mani di uno sconosciuto. Inutile pensarci... mi telefona dicendomi che so come devo mettermi e il mio orgoglio ha il sopravvento.. non sarò nuda ma avrò una sottile vestaglia nera di seta addosso, non sarò in ginocchio ma alla finestra a guardare fuori.. Le penso tutte, mi invento storie per rinunciare a questo incontro ma la sua telefonata mi blocca... sono qui. Adrenalina al massimo e ancor più... tremo. di desiderio, di paura, di voglia non lo so ma tremo e tutto il mio corpo vibra. Sono girata di spalle quando lui entra nell'appartamento .. lo sento appoggiare la sua valigia sul divano e lo sento venire verso di me ma la sua voce torna a farmi volare.. è lui.. è il mio padrone che mi dice che sono bella che sono come lui mi aveva immaginato.L'emozione sale. Mi viene dietro le spalle e mi dice: ho un regalo per la mia donna..Credo sia il collier .. invece sento le sue mani infilarmi una mascherina, l'adrenalina è alle stelle e il mio tremore non smette, anche lui si accorge di questo e questo lo eccita. Con la maschera infilata mi fa girare... desidero solo baciarlo, toccarlo ma lui mi allontana.. vuole guardarmi.. sento la sua voce diventare dura.. ma dolce al tempo stesso. Mi continua a dire cose belle cose eccitanti mentre mi appoggia sul divano. Mi mette a gambe aperte con le braccia sullo schienale del divano in modo che possa offrirgli il mio culo e la mia figa. Sento che scarta un regalo e mi dice che lo ha preso per me.. un vibro grande color rosso che mi infila di colpo senza ritegno.. Dovrei essere offesa dovrei scandalizzarmi, invece mi eccita, mi eccita sentirlo chiamarmi troia... con il vibro infilato mi porta sul letto.. sto colando come una cagna in calore. Resto in posizione pecorina mentre lui si assenta e va al frigorifero.. lo sento trafficare e per un attimo mi prende la voglia di togliermi la maschera. Ma lui rientra velocemente e mi spalma il burro sul buco del culo. Sono bagnata , sono eccitata voglio solo essere posseduta..  E lui non si fa aspettare, infila il suo cazzo prima in bocca quasi soffocandomi tanto è grande la sua cappella e il mio desiderio sale, divento porca, troia nei pensieri e nei desideri. Dopo un pompino riuscito senza troppa saliva .. infila il suo cazzo dentro il mio culo spingendo fino in fondo facendomi sentire ripiena.. E lì perdo ogni ritegno ogni remora.. Per ore vengo "usata" felice di esserlo, felice di soddisfare il mio padrone. E lo sento padrone del mio corpo della mia mente.. addirittura non mi ricordo di avere più la mascherina...sono persa.. sono sua. Per ore sono oggetto della sua lussuria, e quando finalmente viene dentro la mia bocca regalandomi la sua crema, la sua essenza... mi sento davvero soddisfatta e sua. Solo allora mi dice, se vuoi, ora, puoi togliere la maschera e sinceramente a malincuore lo faccio . come se questo gesto mi riportasse a essere una semplice casalinga. Ci sistemiamo sul divano e parliamo di noi, di tutto, di tutto quello che forse non ci siamo ancora detti e il mio essere donna pretende ancora le sue mani.. Voglio sorprenderlo e comincio e leccargli la cappella ancora. Mi dice che sarà difficile che si riprenda facilmente e invece lo sento crescere dentro la mia bocca, sotto le mie pennellate. Mi dice che sono troia e non sa come mi fa felice quella parola... appoggia le mani sulla mia testa mentre comincia aan simare.. allora accellero, la mia bocca va su e giù voglio ancora la sua essenza e finalmente la sento forte e calda dentro di me... Rivestirsi e vederlo andare via e' difficile.. Mi promette che torna il sabato prima che io riparta... Sto ancora aspettando quel sabato, quel maledetto sabato promesso e che non ho potuto vivere. Sono passati due anni , e altre storie si sono affacciate alla mia vita, sono ancora una donna normale... a parte quelle sere in cui apro la valigia dei ricordi, prendo il vibro che mi ha regalato e lo ritrovo accanto a me che mi fa godere con tutto se stesso.
Magda, 2007