Hanno condiviso le mie parole

venerdì 29 agosto 2014

C'ERA UNA STRADA....



C'era una strada, in terra battuta.... partiva dalla chiesetta dove la sera noi bambini ci trovavamo per giocare a nascondino; ero abile nel non trovarmi mai al tocco, nel non farmi mai trovare. E lo era altrettanto, mi sembrava, quel ragazzo con gli occhi blu, grande troppo grande per me, che nel gioco si infilava a casa sua,e mi aspettava; love is blu, la canzone nella stanza, la sua mano nella mano e nient'altro.....non mi ha mai toccata....non glielo perdonavo questo. C'era una strada, in terra battuta..conoscevo ogni passo e ogni curva, precedevo il gruppo composto dai miei fratelli, dalla nonna, da qualcuno con noi... nella prima parte raccoglievo quadrifogli, mi saltavano in mano solo al passaggio delle mie scarpettine da ginnastca di tela blu, andando oltre setacciavo con gli occhi le foglioline di felce, a trovare quelle lisce, percorrerne il gambo delicatamente, sentir la terra umida, infilar le dita e tirar la radicetta, senza far del male al resto della pianta. Pulire bene, lavare, masticare quel sapore  acerbo, non ancora troppo amaro, non troppo forte, quasi un cucciolo di liquirizia per le voglie di un cucciolo poco umano.... e l'aria cambiava nel proseguire, cambiava la vegetazione, il sole non entrava più dall'alto nel bosco che si faceva fitto... si annunciava l'impeto, la frescura....la forza, la sorpresa.... raccoglievo i fiori bianchi a piumini, che piacevano alla nonna, i garofanelli selvatici, abbarbicati sule pareti fra radici ed erbusti. Non c'era un passo che non significasse nuovo pensiero, che non fosse percorso e ripercoso in tondo, nell'attesa del gruppo, della lentezza e distrazione degli altri.Sapevo riconoscere le betulle, cercarne funghi alla base, sentire odori, come quando ultima di una spedizione nei boschi, tutti adulti, scorgevo i porcini, dove nessun occhio li aveva visti, nell'irritazione generale dei cercatori esperti. La casetta sul lato sinistro, le solite frasi della nonna che sembrava saper tutto di tutti, i rumori dei passi, mettere la maglietta di lana, sapendo cosa ci sarebbe stato al fondo del cammino, sentendone il richiamo. Nella mia fretta non avevo fretta, ma dovevo essere la prima, a fermarmi e dire...ecco..... l'ultima parte era un altro mondo, l'aria fredda, il suono sordo...le goccioline gelide nell'aria, quasi più nessuna luce...
quella si percorreva più veloce, niente più sguardi intorno, distrazioni, e nel silenzio i tronchi enormi appoggiati ai lati, la segatura a mucchi del taglio fresco, la strada si allargava, diventava spiazzo il rumore forte......l'impeto della caduta, l'aria schiacciata e spinta , il fiato sospeso, lo stringersi gli indumenti addosso, il freddo gelido schizzato fuori, gli occhi alla schiuma bianca, i passi ancora avanti, gli occhi al cono d'acqua senza lati, come capigliatura folle, i passi avanti, gli occhi al punto di caduta, i passi fermi, fermo il fiato. Il bosco generava la cascata, il buio, il freddo, la sorpresa; un ghiacciolo in bocca di un gusto sempre nuovo, mentre ti giri intorno ad occhi in su, per rubare il sole al concentrico degli alberi non potevo fermarmi lì, come tutti loro...no, io andavo avanti, masso a masso, bagnati e scivolosi, raggiungevo il punto di caduta, senza più badare al freddo, all'aria, all'acqua.
Mi chiamava e lo ascoltavo, mi fermavo sotto, dove, un passo in più mi avrebbe inghiottito. Mi sedevo lì, in atteggiamento teso non buttavo sassi all'acqua, non pescavo pesciolini, sapevo del tetto sopra, rotondo di rami e foglie, del comprimersi ed espandersi del luogo, sapevo che c'erano strade per arrivarci, visione dall'alto. Ma io ero lì, lì in basso, dove non potevi più voltarti, dove il dietro non contava più, dove per il tempo che volevi, il silenzio era padrone....nel rumore violento del cadere....cadere, cadere senza fine....il fiato fermo, respirar silenzio. La cascata in mezzo al bosco, padrona del mio tempo, del percorso , della voglia di arrivarci, dei passi in cerchio per raggungere il cerchio massimo, dove impera la caduta.... ognuno dietro giocava a qualche cosa, i grandi con le parole urlate nel frastuono, i piccoli con i tronchi a salirci e scenderci....lo sapevo solo...non sentivo più..ero sola col silenzio..il silenzio del rumore e della forza....del buio violentato dagli schizzi, della dolcezza dell'immergersi. L'acqua era gelo, a toccarla diventavi blu.....e non c'era bisogno.... ero io a dare i tempi.....del ritorno....io a staccarmi e voltarmi, dopo aver concesso loro il riposo del cammino, l'abbeverarsi alla fontana umana....la fontana del Laiolo, la meta della gita era quella, acqua particolare non per me, mi alzavo dai sassi piccoli pericolosi e ultimi
nessuno si era sognato di dirmi...fai attenzione...era tutto mio, tornavo indietro sui grandi massi, e sullo spiazzo e sulla strada riprendevo i miei mazzetti bianchi e rosa, abbassavo il volto e annunciavo il passo, solo con la direzione, il camminare sempre avanti, gli altri dietro, senza più girare in cerchio, senza togliere la maglietta, gli occhi sempre attenti...
Sul finire , verso i prati raccoglievo quelle foglie larghe e piatte, venate dietro da carnose righe, da strappare piano, per lasciare dondolanti i fili , da poter estrarre....servivano alla nonna, per i suoi piedi già malati, sostenuti da un bastone forte, che io avevo cercato e preparato per lei il proseguir del giorno non contava....fino alla chiesetta della sera e al ragazzo dagli occhi blu.....e al suo silenzio, mano nella mano .....non potevo perdonarlo....

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