Hanno condiviso le mie parole

venerdì 29 agosto 2014

DI PIU'


 Se il vento avesse sbattuto le finestre della mia anima con furia, non mi sarei così alterata come nell’ascolto delle tue parole. Un tocco lieve, ma d’effetto come tu solo sai fare. La sensazione che quel pensiero fosse assolutamente corretto e sensato e l’irritazione di togliere una maschera mai supposta. Girando fra i ciotoli che affaticano i passi, tra i baracconi del luna park, dopo aver visitato le attrazioni, scelte con cura ed eleganza, nel velare il timore con  giusto scopo, ecco il labirinto. Mi resta questo… solo questo. Entrarci sapendo che un mondo di specchi deformanti avrebbe straziato il mio corpo, cambiandone linee ed intenzioni, è comunque un sollievo, dopo le emozioni subite. Non più buio e risate improvvise o corse pazze e altezze vertiginose. No, la mia immagine, un po’ diversa con la quale rallegrarsi, ammiccare. Poi l’uscita. Sapendo che non c’è. E tu, invece, restando in disparte, dietro o a fianco, dopo aver ascoltato i discorsi, appiccicaticci di zucchero filato e di liquirizia, tu, con lieve tocco sulla spalla, mi hai indicato una nuova attrazione. Strano… non l’avevo vista… Forse è perché ora, girata a rovescio, alle spalle le musiche mescolate dei baracconi e le luci e le voci ancora addosso, ne intravedo l’aspetto. Ma… io arrivo da lì… vorrei poter dire… eppure non lo faccio. Ascolto molto irritata… non vedi che vengo proprio da là? Mi scappa. No ti sbagli… E io mi arrabbio di più. So bene quello che dico, come sempre. Si. No. …non è vero, hai ragione… Quasi vomito tutto quello che segue. Troppo dolciume ingurgitato. E tu paziente e calmo. Mi prendi per mano, mi porti fino alla soglia, mi indichi il tutto. Il tutto… esiste il tutto. Poi mi lasci guardare, restando vicino, mi piace sentirti lì con me. Mi lasci parlare, ancora escono pezzetti di cose ingurgitate per tenere buono il senso del gusto. Sono molto perplessa. Chi sei? Come ti permetti di restarmi appoggiato sulla spalla e sussurrarmi pensieri che non ti appartengono. Mi volto e sei lì, specchio delle mie brame, ad indicarmi la più bella. No, non ci credo… nel mio reame niente specchi. Tappeti al mio passare, inchini, giullari per il mio divertimento, dolci e caramelle.
Specchi no. Non posso rischiare di testimoniare l’ingrassare quotidiano della mia presunzione.
Con calma mi lasci andare avanti, mi accompagni e avvisi del mio incedere, i riflettori mi seguono. Ogni gesto e parola sono amplificati, e tu ne sorridi. Ti piaccio così, mi porto addosso lo sfarzo del comparire, la sua camminata sicura. Questo lo riconosci in me. Cos’altro? Mi tocchi le labbra, assapori lo zucchero ancora appoggiato, la mia bocca sa sentire il piacere. Mi guardi, e scruti negli occhi, più di quel che faccio con te. Mi indichi la luce che vedi. La conosco, mi solleva e  dà tremori da tanto tempo. Accarezzi il mio corpo, lo svolgi come dono scelto con cura, avviluppato in carta dorata, ma non ancora usato. Un bel fiocco a racchiudere il tutto. Il tutto . Ancora questo pensiero. Tu devi essere come sei, e di più. Ma io ho tutto. Un piccolo schiaffo sul culetto, esposto allo scherno. Si, lo conosco. Sei sicura? Si. Un secondo più forte. Ma chi sei, ma come ti permetti? Io ho già il mio tutto, ordinato catalogato, quasi perfetto nella sua quotidiana follia. Un terzo, più forte, anche questo conosco, qui posso ritornare bambina, quasi quasi piangere, ma non ancora. Un quarto… toglie il fiato. Lo sento diverso. Mi strappi ai dolciumi e ai capricci, mi ribello. Mai fatto, mai, pregustando il conflitto. Ma cosa mi prende? Ti sfido… si mi piace, e nella sfida riprendo di me tutto ciò che sono. Il quinto… fa male. Un male diverso, un male che cerco da tempo. L’onda che avvolge e lascia bagnati. No. Non puoi, e io posso rivoltarmi. La mia forza messa alla prova. Il sesto. Lo assaporo come il primo passaggio di aria nel corpo di un nascente. Dolore puro, ed estasi. Mi fermo, attendo. Sai gestire l’attesa, la tua, ed io la mia. Mi contorco e sfuggo. Mi riprendi e mi costringi. Il settimo. E forte, mi attraversa. La carne brucia. Ma sei pazzo?, Io sono pazza. Mi piace. Non è possibile, io detesto il dolore, dopo tutti i discorsi fatti davanti ad un pubblico ossequioso. La mente è importante, la fantasia possibile, non tutto realizzabile. L’ottavo. Ti odio, ti detesto, mi stai picchiando senza ragione. No, eccola, qui nei brividi e nell’attesa. Mi piace, per questo lo fai. Il nono. Mi resteranno i segni….non voglio i segni, io sono bella e come tale devo restare. Sapete io poso, mi ritraggono nella mia magnificenza. Delirio e laghi montani lasciati sulle tue ginocchia. Il decimo. Farai la brava?…Si, si, si, si, si, si…
Farò la brava, e mi volti, mi premi e mi usi. Troia… sei proprio una troia…
Ti piace, mi piace. Mi spingi e togli il fiato, la gola si infuria. Ora vieni qui, calma, è tutto finito. Qui dove? Qui dove è la tempesta. I lampi e le scariche mi percorrono ancora…Tu li conosci. Io anche. Mi hai nutrito, adorato ed amato. Lo so. E tu sai il perché. Vuoi la mia furia, il mio amore, la mia risata di scherno, le unghie piantate addosso, vuoi me. Vuoi che io ti segni, con me stessa, sei mio, tutto mio mi dici. Ti amo. Lo so. Grazia, ma dove sei? La dolcissima , tenerissima Grazia, il calore e il conforto, la luce, la creazione di stimoli, la provocazione, il potere su ogni sguardo, il cibo per ogni fame. Grazia la troia, che si compiace di porgersi sempre di più, del non potersi sedere, dello sguardo puntato negli occhi mentre usa le mani. Quelle belle mani che sanno farsi sentire. Che ha voglia di calpestarti, di lacerare il silenzio con ogni rumore. Che ha voglia per se.
Hai tirato il lembo del fiocco, più luce e più sfarzo. Mi gira la testa… sono confusa…
Grazia….? Si, si, si, si, si, si, si, si,si… Domani, nel toccare la sedia, ancora mi sentirò di fuoco, e di acqua. E tu nel riposare la sera, sentirai le mie unghie, nei segni appoggiati a dormire. I miei segni su di te. La luce? La luce li attraversa nel buio. Lo farò, molto, tutto, di più.

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