Hanno condiviso le mie parole

domenica 29 gennaio 2012

SENZA TITOLO


Chiudo gli occhi, mi concentro e mi preparo a fingere per te.
Per la prima volta in questa notte non ti concederò la trasparenza del mio sguardo, non potrai vedere i miei occhi e leggere dentro me, tu con il tuo sguardo che mi scava più a fondo ogni istante che passa, che da me estrae l’humus di cui cibi il tuo orgoglio quasi come ne estrae le urla di piacere o le mie piccole lacrime di gioia e dolore. Adesso non avrai la mia sincerità, anche se te l’ho giurata e promessa il giorno che per la prima volta hai pronunciato il mio nome. Cambio la frequenza del respiro, mi servirà a convincerti che è vero. Chiudo gli occhi, devo cercare di non sentire i fantasmi delle corde che hai già slegato ma che pulsano e stringono ora che sono gettate ai miei piedi più che quando erano davvero ai miei polsi. Sposto le gambe con un fruscio del lenzuolo sotto di me che sembra riempire la stanza ora che è silenziosa, ora che il cd ha esaurito ogni canzone e che ci siamo solo io e te e il nostro respiro, ora che il mondo ha ripreso a ruotare intorno a questa stanza. Schiudo le cosce e piego le ginocchia, cercando una posizione più adatta, deve essere tutto perfetto. Fingo di dormire, nonostante la stanchezza, che mi ricopre come i tuoi baci ormai asciutti, non voglio addormentarmi, voglio che tu ti senta libero di non pensare a me. Sento il tuo corpo che si allontana dal mio e improvvisamente ho la percezione del freddo della tua assenza.
Così posso ricordare, rivivere dall’esterno le ultime ore.
Siamo arrivati in questo monolocale, arredato con cattivo gusto da un amico oggi in vacanza che ti ha detto “prendi pure le chiavi…” questa complicità mi infastidisce, dovrebbe essere un mondo solo nostro, dovresti proteggere ciò che siamo e i nostri momenti insieme, non voglio pensare che lui voglia sapere o possa capire…come spiegheresti “noi”? Hai preso le mie mani e le hai guardate a lungo, accarezzandole con le tue, sfiorandole con la tua bocca, ridisegnandole con il pennello della tua lingua. Improvvisamente hai afferrato i miei polsi con forza e mi hai guidato… mi è stato impossibile opporti anche un minimo di resistenza, stare in piedi con il corpo diviso frustrato dalle attenzioni che tu avevi solo per mani e polsi aveva fiaccato ogni mia volontà. Ti ho seguita docile, mi hai fatto inginocchiare e ti sei seduto davanti a me, su quella orribile poltrona rosa che il tuo amico deve aver avuto come punizione per le sue scarse attitudini, eppure ti guardavo completamente affascinata, ebbra, pronta a nutrirmi anche del tuo solo respiro. Hai acceso la sigaretta, con calma e mi hai osservata. Hai frugato nella tasca della giacca e ne hai estratto un pacchetto appoggiandolo sulle ginocchia, mi hai detto “Mia schiava, ora ti spoglierò, saranno le mie parole a farlo, leverai ogni indumento man mano che te lo dirò poi ti vestirai con quello che ti ho portato” sapevi che così saresti stato il mio Padrone, il mio corpo già ti apparteneva e a questo avresti aggiunto qualcosa che tu avevi scelto per me. Condotta dal suono della tua voce ho lasciato che cadesse ogni indumento superfluo, e così con indosso solo i sandali neri e il tuo sguardo ho seguito, a carponi, il filo di fumo della tua sigaretta fino ad arrivare al tuo regalo. L’hai aperto per me e mi hai mostrato dei guanti lunghi e un nastro in seta. Ricordo il dolce fremito che mi ha percorso la schiena quando mi hai fatta sollevare e hai iniziato a avvolgere il nastro intorno ai miei seni, intorno ai fianchi, passando in mezzo alle mie gambe e infine sulle mie cosce e ai miei polsi. Ferma e immobile, docile ad ogni tuo volere. Esasperata dai lunghi preparativi, da ogni nodo che nel farlo ti faceva sfiorare la mia pelle, dalla stoffa che inclemente struscia sulla mia pelle stropicciandomi i seni e i pensieri. Mi concedi di sedermi, sul bordo del tavolo, e inizi a guardarmi… io seguo ogni tuo movimento con un eccitazione crescente che non posso nasconderti, i miei capezzoli la urlano quasi quanto il lucido liquido che intravedi quando mi fai sedere. “Tieni la bocca aperta” mi dici, dopo avermi baciato e succhiato le labbra, aspirando da me l’aria e ogni volontà. Inizi piano a toccarmi, con la mano aperta a farmi sentire la pressione che sai esercitare, improvvisamente il tuo tocco cambia e inizi a pizzicare e mordere, indistintamente ogni parte del mio corpo, così non solo il seno diventa ipersensibile, ma ogni centimetro di me è a un passo dal perdersi fra le tue mani. Sono tua, non hai bisogno che lo confermi, non hai bisogno di sentire la mia voce roca di piacere, eppure te lo dico, in un sussurro. Tuoi i mie pensieri e tuo il mio corpo, tue le mie giornate lontane da te, quasi più di queste ore. Sento l’acqua della doccia e sento il tuo profumo quando rientri in questa stanza. Ti avvicini al letto e mi scosti i capelli dal viso, sfiori con le unghie i segni dei morsi sulla mia spalla e percorri i segni del nastro che ora racchiudo stropicciato fra le mani, e sento il tuo sorriso mentre mi guardi. Mi baci gli occhi per svegliarmi e io ti offro il mio languido torpore, in contrasto con la donna legata ma ribelle che fino a poco fa cercava di sfuggire al tuo possesso e al tuo esigere. Appoggi il petto alla mia schiena e il capo sul mio collo, modellandomi al tuo corpo perché io sia un duplicato di te, sai che questo mi fa sentire tua, al sicuro, nel nido delle tue braccia, li dove riposa, sempre, il mio cuore. Mi stringi fra le braccia, richiudendo le mie gambe fra le tue e mi dici “Tu porti i segni delle corde che mi legano a te”, sospirando. 
Y4ng, 2007
Io sorrido e ora mi addormento, è questo il posto che ho cercato tutta la vita.

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