Hanno condiviso le mie parole

venerdì 29 agosto 2014

COME UNA BAMBINA

La sensazione che la pervadeva non aveva nulla di conosciuto. Abbassati gli occhi su se stessa si guardava: i soliti abiti, nulla sotto. Anzi, le mutandine non aveva potuto evitarle. Si, gli ordini erano ordini, ma era impossibile. Ancora qualche traccia del momento che ogni donna vive mensilmente. In mano la borsa blu, quella che aveva acquistato la prima volta che aveva volato... quella borsa la riportava a momenti diversi, ed ora era pronta a dissacrarli... No, questi pensieri no ora. Mentalmente elencava le cose che doveva avere con sé: corda, mollette, benda... altro? Il vestitino leggero e un po' trasparente. Non poteva dimenticare nulla. Buffo... per cercare la corda aveva girato tutta la città, erano giorni estivi, impossibile trovare qualcosa di aperto. Ma c'era riuscita. Quando si era trovata di fronte ai vari tipi di corde, si era fermata a chiedersi se il colore, lo spessore avessero importanza. Devo decidere io, e userò il buon senso. Il buon senso!!! Il buon senso era un modo di dire che in quel momento nulla poteva significare. Devo aver perso il cervello in qualche angolo della mia testa... Il buon senso... Eppure sapeva di fare ciò che desiderava... Un attimo... Forse... Cercava nella memoria. Non era una sensazione così sconosciuta quella che provava. Assomigliava ad altre, vissute nel passato, quando quello che stava per fare era una cosa "che non si fa". Dio quanto era bello sentirsi così! Ma allora era una ragazzina, costretta in una vita piccola e senza luce. E con un enorme, vastissimo mare in tempesta dentro, che desiderava affrontare. Il senso del peccato, quello che le avevano insegnato ad evitare, le dava brividi indescrivibili. Dunque la corda. Che colore? Guardando i vari tipi cercava di immaginare. Bianca, la voglio bianca. Il motivo? Il contrasto con la  pelle. Era già abbronzata e ne era orgogliosa. Lo spessore. Quale sarà lo spessore adatto? Adatto a che? Pensandoci, sapeva che avrebbe dovuto inventarsi una risposta se le avessero rivolto domande. Toccava e valutava. Questa mi sembra che vada bene.  Sembrava quella giusta, non sottile, non troppo spessa, abbastanza morbida. Queste valutazioni, il senso del tatto usato per scegliere, già erano briciole di piacere. Il piacere, la paura. Il piacere della paura. Sono impazzita. Aveva misurato da sola la lunghezza. La lunghezza... ma quanta ne serve? Faceva i conti con calma... cinque, sei metri?... Sperava che il suo candore fosse una giustificazione da usare, se ne avesse avuto bisogno. Dovrei dividerla in quattro pezzi, ma quanto lunghi, questo non posso saperlo. Un unico pezzo. Deciso.
Le mollette, da bucato, le aveva comperate il giorno prima. Senza problemi, al supermercato. Tutti stendono....
Ma si rendeva conto che di quel tipo sarebbero state ben dolorose, oltretutto nuove...
La benda. Aveva cercato in casa fra tutti i tipi di sciarpe e sciarpette. Non sapeva quale portare con sé. Non le era nemmeno venuto in mente di provare a legarla sugli occhi. Come se qualunque gesto fosse rimandato al momento cui andava incontro. E poi... la candela. Quella non l'aveva comperata. L'aveva.  La borsa in mano, la mano sudata. Era ora. Chiusa la porta dietro di sé, in strada, in macchina.Verso l'aeroporto, guidando lungo le vie che conosceva bene, ascoltava i pensieri che si intrecciavano e fiorivano, colorati e pungenti, nella mente.Nessuno sa dove sono oggi... Se succedesse qualche cosa... sono pronta a rischiare?... era sempre pronta a rischiare.
Questa considerazione saltellava  qua e  là con arroganza. Eppure ho ascoltato la sua voce, e credo di poter dire che... ma che sto dicendo! Mai visto, mai conosciuto. Devo essere impazzita. La paura. Era ciò che aveva cercato. E chiesto.
Toccare la paura con tutti i sensi.
Era convinta di non aver paura di nulla. La sua vita dimostrava ciò. Oppure conosceva la paura. Dio... posso tornare indietro. Questo pensiero aveva l'effetto di aumentare la pressione del piede sull'acceleratore.
Era arrivata presto, troppo presto. Il tempo previsto per il percorso si era ridotto in maniera irriverente. Scesa dall'auto, fatto il check-in, aveva ancora una cosa da fare. Nella toilette dell'aeroporto, mentre cambiava gli abiti soliti con il vestitino estivo, rideva... ecco, come nei film, entro vestita in un modo, esco vestita in un altro. Se qualcuno si accorge del cambio cosa può pensare? No,niente domande! L'importante è andare avanti.
Si sentiva a disagio già appena richiusa la porta della toilette, già percorrendo a passi lenti i corridoi alle sale d'imbarco. Quel vestitino oggi non le stava addosso come sempre. Pensieri, pensieri impazziti, da raccogliere a sé.
In aereo, seduta in atteggiamento sereno e sicuro, sentiva i brividi. La paura. Questa è la paura. E quel tremore non la lasciava. Con il fiato sospeso, toccando ogni istante del tempo che scivolava come spuntoni di filo spinato da accarezzare uno per uno, guardava fuori dal finestrino. Non riesco a respirare.
La paura. Si vede la paura? Credo di si.  Sapeva aspettare di solito, la pazienza era una delle sue più grandi virtù. E sapeva creare la calma. Ma ora nulla era possibile. Sono davvero impazzita. L'atterraggio. Aveva la sensazione di aver pilotato lei. Ma la tensione del compito non si esauriva. Scendere dalla scaletta posteriore. Una folata di vento, due. Doveva tenere il vestito con le mani, si sollevava e scopriva le gambe e più su. Se davvero non avessi avuto le mutandine... Ora... l'aeroporto era immenso. Uscire senza perdersi, senza perdere tempo. Lui l'aspettava quasi fuori. L'avrebbe riconosciuto? Una foto non è mai sufficiente. Oppure, quanto era diverso da quell'immagine impressa negli occhi? Veloce, seguiva le indicazioni di uscita. La borsa in mano, la mano sudata. Dio sto tremando!  Fa un caldo impossibile e io tremo. Ecco l'uscita. Ecco Lui. Sì la foto era fedele. Ciao, fatto buon viaggio? Un saluto normale, come se nulla fosse. Ma nulla c'era di normale. La paura. Ora era davvero tanta. Dammi la borsa. Andiamo, la macchina è di là. Sono nelle Sue mani. Questo pensiero era incredibile. Lei che percorreva la vita con forza, che aveva sempre il controllo di tutto, che sapeva lottare e vincere, che conosceva ogni dolore e angoscia, che non aveva paura di nulla. In macchina, il vuoto nella mente, un bacio. E la comunicazione. Non potevo non mettere le mutandine. Non fa nulla. Il Suo modo di fare era strano. Occhiali scuri a coprire gli occhi. Non poteva guardarci dentro. Non che l'avrebbe fatto, era paralizzata. La Sua voce, cordiale e dolce. Parlava, parlava. Forse per sciogliere la tensione. Non capiva se anche Lui era nervoso.L'albergo. Resta in macchina. I segni delle cose nascoste sono impressi a fuoco nell'anima. Aspetto, non vuole che mi vedano. Ecco, andiamo. La chiave, infilata nella serratura, la porta aperta e poi chiusa, il mondo non c'è più. E' rimasto fuori, qui non può entrare.Devi andare in bagno? Si. Questa porta deve restare sempre aperta, ricorda. Il primo ordine. Attenta, questo è un ordine, ascolta e assapora. Questo pensiero era avvolgente e gelato.
Non riusciva a fare la pipì. Che strano, mai successo. Questo è pudore. Magnifico!
Spogliati. Si era spogliata, con rassegnazione e umiltà. Aspettava ora. Non sapeva pensare, poteva solo obbedire.
Vediamo se hai portato tutto. La corda... si. Ma non l'hai tagliata. Un mucchio di giustificazione si affacciavano nella mente, ma... nessuna sembrava potesse aiutarla. Male, male... La disapprovazione. Magnifico!
Si sentiva piccola, piccola. E inutile, non sapeva fare nulla. La corda era divisa, quattro pezzi. Ora in posizione per essere legata. Le mani e le gambe ai quattro estremi del letto. La corda scivolava intorno ai polsi, alle caviglie, alle gambe del letto. Lui l'annodava con destrezza. Un pensiero... Lui aveva detto che era la prima volta, ma non sembrava dalla sua abilità nel muoversi. Era un motivo in più per spaventare o per rassicurare. Non sapeva. Le corde stringevano molto, già il dolore entrava nella camera. Si guardava le mani, le caviglie. Le veniva istintivo forzare quella prigionia. Come se fosse stata costretta. Era costretta. E aveva paura. Eppure voleva ascoltare bene il sapore dell'immobilità. La benda. Quella che lei aveva portato non era adatta. Ancora disapprovazione. E la sensazione di nullità. Ecco il buio. Non più vedere, non potersi muovere, solo ascoltare. I rumori, l'unico contatto con la realtà. I rumori. Lui si muoveva, cercava, parlava. Ricorda che puoi smettere. Ricorda la parola. Un sussurro nell'orecchio. Poi nell'altro. La parola convenuta. Non l'avrebbe pronunciata. Suoni da ascoltare, attenta, per capire. Non si può capire. Non si deve. Solo aspettare.
Il dolore... forte. Continuo. Un altro... più forte e continuo. Le mollette pizzicavano i suoi capezzoli con forza spietata. Il dolore... Un'onda rossa nel cervello. Era così sensibile in quei punti. Lui non poteva saperlo e nemmeno lei. Un lamento. Era sorpresa. Lamentarsi... mai l'aveva fatto. Ma ora era spontaneo. Cercava di lenire il dolore come sempre aveva saputo fare. Non serviva. Lui si muoveva nella stanza. Rispondeva al telefono, compiva azioni normali come se quel momento fosse parte del quotidiano. Fumava, lei lo sentiva. E lei non poteva fare nulla, nessun gesto libero. La sigaretta appoggiata alle labbra. Un salto. Ora tutto la spaventava. Lui ora era zitto. Si spogliava. Il Suo corpo intorno a quello di lei. Mi piacerebbe vederlo, è importante per me. Ma non posso. Ancora dolore. Un terzo punto. E gli altri due aumentavano la loro intensità. Ancora un lamento. Lui le forzava la bocca. Non l'aveva sentito arrivare. Non poteva muoversi, solo aprirla e usarla. Bella la sua bocca, calda, morbida. Ma in quel modo non poteva fare ciò che sapeva. La frustrazione. Magnifico!
Lui le stava addosso, le gambe aperte sopra il suo petto. La schiacciava e costringeva. Poi si spostava. Ancora il telefono. Che rabbia! Parlava al telefono e le Sue mani la esploravano. La rabbia. Magnifico! La penetrazione. Una sensazione di calore e piacere. Per poco. Volutamente per poco. Poi... le mani sulla molletta, a toglierla. Un gemito strappato... quel gesto aveva procurato il dolore più forte fino ad allora. La ricerca di un attimo di pausa... Concesso. Le era concesso. Ora l'altro capezzolo urlava, come se l'equilibrio fosse stato spezzato. Un altro gesto. La terza molletta, via. Non le aveva dato fastidio, ma  Lui non lo sapeva. Le mani e i piedi si torcevano e tiravano. Sapeva di farsi male. Forse lo faceva per questo. Lui fumava e si muoveva molto. Forse era nervoso? Ma questo non era nei suoi pensieri. Era attenta a tutto di lei. Ascoltava con i sensi, ascoltava con l'anima, attenta a capire, a imparare. Ancora la penetrazione. Ma prima aveva sentito il Suo desiderio, raccolto negli umori lasciati sul suo ventre. Lui la desiderava. Questo le piaceva. Era l'unica cosa che conosceva bene. Gli uomini la desideravano molto. Era bella. E così legata ancora di più. Ma non la possedeva. Non merito il piacere. Magnifico! L'ultima molletta. Il dolore fino a quel punto era diventato così lacerante da annullarsi quasi, ma il gesto di liberare il capezzolo lo rinnovava tutto. Un lamento forte, e le lacrime. Uno scoppio di pianto improvviso, sorpreso, ultimo. Come una bambina che, stupita dal male, lo rifiuta e piange di rabbia e spavento. Lui la scioglieva veloce, le mani, i piedi, la benda. Era finito? Si. Il suo pianto aveva deciso il momento. Credeva di averlo spaventato.  Lui la avvolgeva e la rassicurava, la teneva a sé, la scaldava. Come per riparare ad un'offesa, come per ridare la calma.
Si, lo aveva spaventato. Ma le Sue carezze erano dolcissime, e il Suo corpo la quiete. Era finito. Era tutto finito. Per questa volta. La prima volta. La Prima Volta è una figurina di cartone ritagliata da un album per bambini. Colorata come la fantasia suggerisce, nel separarsi dalla pagina che la conteneva, si scuote appena,si avvicina allo specchio, sistema il vestito a pieghe,  guarda la punta delle scarpe,  ravviva i capelli. Inarca le ciglia, chinata in avanti. Si volta e si allontana. Poi un pensiero la coglie, si gira e... raccolta una scatola di pastelli, ritorna allo specchio. Con nuova abilità, ridisegna forme e colori, riveste quell'immagine. Si adorna. Quando il gioco è finito, si ricompone e si atteggia. Nello specchio, la Seconda Volta, restituisce lo sguardo.

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