Hanno condiviso le mie parole

venerdì 29 agosto 2014

LA TUA VOCE


Una voce, la tua voce… tua di chi?
Dio, perché non si apre questa pagina…
Ho appena ascoltato la tua voce.
Se avessi potuto dare forma ad una voce , sarebbe stata la tua.   Tua di chi?
La tua voce scorre sulla mia pelle, muove le mie mani, le mie mani muovono la tua voce.
Ti ho sentito farfugliare parole sconnesse, in mezzo a quelle volute. Ti ho sentito correre all’indietro fuori dal sonno, dallo stordire dell’anima.
Mai sei scivolato fuori da me. La tua voce… tua di chi?
Conosco la tua voce, suoni. Parole e corse a perdifiato, dolci discese sull’erba bagnata di gocce, le mie gocce. Dolci, latte, liquirizia.
Bianco e nero. La tua voce.
Si confondono i colori, rosso zucchero, bianco lana, sulla strada di catrame, liquirizia.
Mi sento fusa e appiccicata, nessun tempo, nessuno spazio.
Se non quello del ventre, e la tua voce.  Tua di chi?
Difficile scrivere ora, tutto sembra quadrettato, come per un dipinto grande, da riportare su tela.
Mi fermo un attimo, la testa nella mano a scompigliare i capelli, a lasciarli all’aria, arruffati.
Ansia, della tua voce. Desiderio puro, di quei suoni.
Domani……
Piccola interruzione. Per fame, per quel bisogno che la vita ti porta a chiamare figli.
La pagina si è aperta… Non posso.
Ci sono contrasti, ci sono dati. Ci sono storie, ci sono troppe cose…
Questo è un tuo modo, o è per me…Lo avevo chiesto. La risposta…è per te.
Ho paura ora, una paura grande. Questa paura ha un volto, una risposta che genera la domanda.
Non sono unica. Non lo sono. E lo sono, sono unica.
La tua voce…voce di chi?
Il raccoglitore di anime, depuratore di acqua piovana, per berne.
Scrivere mi è difficile ora, è più facile quando narra una sequenza di fatti, cronologia.
Quando raccoglie le gocce lasciate sugli attimi, le racchiude in una stretta ampolla, con la base capiente. Quando la riapri e ne accosti le narici per respirare ancora, quando la appoggi a lato e muovi il corpo nell’odore, lo catturi e lo porgi a parole.
Scrivere è facile quando sogni, sussurri immagini alla notte, alle lenzuola, alle gambe che non sanno star ferme. Scrivere di tempi e di luoghi, di viaggi e di attese.
Ti insegnerò a chiedere. E’ meraviglioso quanto vuoi chiedere.
Posso anche chiedermi? Posso?
Dammi la tua voce ti prego, dammi quello che chiedo.
Che io lo soffochi in gola, che io lo urli, che io lo impari a chiedere.
Dammi il tempo e toglilo dalla mia vista. Dammi la calma di continuare a volere la furia.
Ho avuto un lungo tempo di inganni, di violenti scosse emotive, di dispiacere allo stato puro, colava dai vetri senza lasciar intravedere nessun dentro, nessun fuori. Ho sentito quel gancio uncinante che solleva la pancia, ti appende grondante di vuoti, in attesa di un coltello più affilato.
E le mani che conducevano il gioco erano tremanti, insicure, cattive. Ma dolci le parole d’amore.
Dolci quelle mani a sporgersi all’indietro sopra la testa, senza guardare, chiedendo… dove sei?
Dolci nel fare male, nel costringerlo a diventare bisogno, unica voce.
Dolci e dure nel sentenziare morte. Aspettative, lontane sembianze.
Ho ancora intorno a me i suoi vestiti, l’unica presenza nel mio mondo, rifiuto, rabbia infantile.
Non li voglio, non voglio ridarli, non amo la distruzione fine a se stessa.
Ho le immagini del mio apparire, del volermi diva del muto.
Ho avuto. Come ho queste ore di una notte che non si da arie, non mi prega di dormirla, non reca fastidio.
Sei guarita, il dolore è finito. E’ vero, è proprio così
 E domani, oggi, tra poco è mattina.
La tua voce… voce di chi?
Non so cercare i vantaggi e svantaggi di questo momento, sto nell’attimo in cui i piedi toccano terra, tra lo scendere e risalire: Non sono ferma, ma sono cambiate le corde dell’altalena. Ho sempre amato le corde, i polsi racchiusi a tenerle strette.
Non amo chi usa senza dirlo, per logica amo chi usa dicendolo, amandomi.
Chi, un termine troppo generico. Posso chiedermi, posso?
Scrivere di momenti che quasi non scorrono, se non fosse per la sequenza che non può interrompersi, non è facile, Nessuna ampolla a sprigionare odori di attimi, invece attimi da riempire di odore.
Lasciarglielo addosso, come le mie gocce nel letto, dalle mie labbra, dalle gambe, dal cuore.
E’ cambiata la direzione, la percepisco. Non trasformazione, ma percezione, quasi come se intorno tutto dicesse chi ero, sono, sarò.
Tra le mani di uno sconosciuto, la cui voce mi dice….vieni… muovo i primi passi.
In una giornata un po’ fredda, ammantata di lana, bianco latte, nera la strada, liquirizia.
La paura di andare, di non andare, la paura del passo successivo, la paura.
Scrivere, dopo tanto silenzio, il malessere di aver ancora provato a chiedere, senza nemmeno riuscire a pensarlo, senza riuscirci
Scrivere ora, delle mani congiunte a pregare, guardate con sorpresa, fredde e umide di tremori, a strofinarsi insieme per scacciare dai palmi la preghiera. Scacciare la sensazione acre del chiedere.
Scrivere ora del calore a sprigionarsi nel ventre, nel piacere di chiedere.
La tua voce…. Tua di chi?
Il tuo nome, ho bisogno del tuo nome. Dammi il tuo nome ti prego, dammi il tuo suono dentro me.
Ora cerco il sonno, tra le mie braccia, dove sei tu.
Anche questo ti chiedo, il mio sonno, per poter dire la parola “domani”, prima di chiudere gli occhi, perché al domani chiedo te.
Avrai paura di perdermi, che non ti voglia più. Non ti abbandono.
Lasciamelo credere, per favore, ti prego. Lasciamelo ascoltare, dalla tua voce.
Voce di chi?
Un ultima cosa da chiedere ora…scuse, per il modo di scrivere spezzettato e a singhiozzi.
Non è pianto, non è tristezza, solo la difficoltà di respirare, esprimere, nuotare, raggiungere.
Come quella volta che, giornata di nevicata incredibile in una città paralizzata dalla sorpresa, sono riuscita ad arrivare, ore dopo, alla piscina dove ero diretta, figli per mano. Nulla mi poteva fermare.
E nulla sarà mai più paragonabile alla dolcezza dell’acqua calda, percorsa con calma, nella totale assenza di temerarietà altrui, e alla vista, nel risalire ritmicamente, del bianco fuori delle enormi vetrate. Il mondo impazzito e ansante, si era fermato per me, immersa nel calore e nei liquidi della mia conquista.

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